di Marco Tosatti
Le
ragioni che hanno condotto alla nomina di Valeria Fedeli a ministro
della Pubblica Istruzione non sono qualche cosa di evidente, agli occhi
del cittadino comune che sono. Ho scrutato la biografia di questa
parlamentare del PD dalla rossa chioma, (sui social, cattivi, la
chiamano Maga Magò!) ma anche lì poca luce. Sindacato a Milano,
sindacato a Roma, sindacato tessile, e poi la promozione – immagino per
ragioni sindacali e di partito – a parlamentare. In Commissione, si
occupa di difesa. E’ fra le fondatrici di “Se non ora quando”, un
movimento di rivendicazione femminile che ha avuto qualche notorietà
negli anni passati. Di scuola e istruzione nel suo curriculum wikipedico non c’è traccia.
Ma
la Fedeli di scuola si è occupata almeno una volta. E’ presentatrice e
firmataria di un disegno di legge (2015) il cui Art. 1 recita:
“Introduzione dell’insegnamento dell’educazione di genere”, e in cui uno
degli scopi principali è la “promozione di cambiamenti nei modelli
comportamentali al fine di eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi,
tradizioni e altre pratiche socio-culturali fondati sulla
differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza”.
Se ne occupò a suo tempo “La Bussola Quotidiana”, rilanciando una newsletter dell’Osservatorio Van Thuan di Trieste.
La
carenza di professionalità specifiche nel campo di cui è ministro, e
questo approccio evidentemente ideologico sono sufficienti a destare
l’attenzione, se non l’allarme di chi cerca di difendere le nuove
generazioni dall’omologazione all’ideologia Gender, quella secondo cui
il dato fisico non è determinante per definire non tanto il sesso (di
cui non si parla) ma il genere.
Forse
mancavano professori ed esperti di Istruzione e Università nelle file
del PD, tanto che questo delicato ministero è stato affidato a una
sindacalista del tessile.
O
forse Renzi, tramite interposte persone si è preso una sua personale
vendettina contro il popolo del Family Day, che al Circo Massimo disse:
“ci ricorderemo”, e si ricordò al referendum, contribuendo all’ahimè
inutile sberla al governo passato.
Comprensibile
allora che Massimo Gandolfini, del Comitato Difendiamo i nostri figli,
esprima preoccupazione: “La nomina di Valeria Fedeli, il cui
orientamento culturale a favore dell’identità di genere ad ispirazione
Gender è ben noto, non può che essere letto come l’ennesima offesa nei
confronti del popolo del Family Day”. E continua: “Questa scelta ha
chiaramente i toni della provocazione, se non della vendetta, verso le
Famiglie del Comitato per il No, colpevoli di aver vinto il referendum,
bloccando una pericolosa deriva autoritaria nella quale erano già in
programma disegni di legge contro la famiglia naturale e il diritto dei
bimbi ad avere mamma e papà”.
“Non
è nostra abitudine né dimenticare né restare quiescenti quando sono in
pericolo i nostri figli, che potrebbero diventare oggetto di
colonizzazioni ideologiche di Gender che offendono l’umano e rottamano
la società. Terremo quindi alta l’attenzione sui prossimi passi concreti
del nuovo Ministro, cui assicuriamo collaborazione per iniziative
contro ogni forma di odiosa discriminazione, violenza o bullismo,
restando tuttavia pronti a contrastare in ogni modo qualsiasi tentativo
di trasformare i nostri figli in cavie di sperimentazioni ideologiche,
come efficacemente affermato da Papa Francesco. Fin da ora lanciamo un
forte appello al Presidente della Repubblica, affinché sia garante della
Costituzione e vigili che il diritto dei genitori di educare i propri
figli non venga violato attraverso atti amministrativi dettati da
culture estranee alla storia delle famiglie italiane. Nessun programma
educativo che riguardi i delicatissimi temi dell’affettività e della
sessualità può essere imposto senza il consenso dei genitori. Viene da
dire ‘famiglie italiane unitevi, siate vigili ed attente scuola per
scuola, e difendete i vostri figli'”.
Ci
si attenderebbe che questa singolare anomalia – nomina a Ministro
dell’Istruzione di qualcuno così estraneo al settore – fosse rimarcata,
almeno dal quotidiano dei Vescovi, Avvenire. Il fondo del direttore,
però, come sottolinea Giuseppe Rusconi nella sua rubrica Rosso Porpora si limita a queste parole: “Un debutto: Valeria Fedeli all’Istruzione”.
Tutto lì. O non se ne sono accorti, o…