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Pubblicato da in Articoli di Guido Landolina ·
Tags: Pensieri a voce alta


Pensieri a voce alta
di Guido Landolina
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20.12.2017
128. Fra matrimonio, divorzio e adulterio… Una 'esegesi' diversa sull'adultera del Vangelo…
Sarebbe sciocco far finta di niente e non parlare della profonda crisi che sta attraversando la Chiesa Cattolica a livello  mondiale (dove si stanno scontrando posizioni moderniste, neomoderniste, cattoliche in senso puro tradizionale, neocattoliche progressiste, neo-ariane, ultraconservatrici, etc. senza che nessuno cerchi di riportare il tutto all'unità e Verità) e niente potrebbe renderla più visibile - almeno per coloro, relativamente pochi, che sono informati su questo genere di problematiche dottrinarie tutt'altro che 'bizantine' - dei rilievi anche 'autorevoli' mossi al Papa da sacerdoti, cardinali e laici su una presunta morbidezza della Chiesa 'Mater et Magistra' riguardo alla famiglia, al matrimonio, alla condotta morale in genere ed alla recezione dei Sacramenti.
Non mi interessa però entrare qui nel merito di tutti questi temi, cosa che richiederebbe molto spazio,  ma piuttosto riflettere e far riflettere su un solo aspetto di questa problematica, e cioè sul 'peccato' di adulterio.
Metto fra 'virgolette' la parola 'peccato' perché questo comportamento è oggi talmente diffuso anche nel mondo cristiano che non è più neanche considerato un peccato dalle persone 'comuni' le quali non hanno infatti quasi alcuna difficoltà a ritenere oggi 'normale' - dopo un matrimonio religioso sacramentale - non solo un divorzio ed un nuovo matrimonio questa volta 'civile', ma anche una semplice unione 'more uxorio', cioè una convivenza fra uomo e donna senza nemmeno un matrimonio civile, e persino fra persone dello stesso sesso secondo la prassi LGBT.
L'adulterio, dunque, è un peccato considerato grave nel Vangelo, nel Catechismo e nella Dottrina cattolica di sempre per la quale - se il 'peccatore' non si pente sinceramente - non è possibile né l'assoluzione in confessione né, ovviamente, l'accesso all'Eucarestia.
In sostanza per la Fede cattolica l'assoluzione sacramentale dal Peccato di adulterio è sempre ottenibile non solo con un pentimento sincero ma anche con l'intenzione di un cambiamento dello stile di vita, cioè con l'intenzione di 'non peccare più'…
Ecco che allora - nelle odierne roventi polemiche collegate alla ormai notissima Esortazione apostolica sinodale 'Amoris Laetitia' - da una 'parte' vengono ricordati all'altra tutti i brani evangelici che sconfessano l'adulterio e dall'altra - come emerso tempo addietro anche in una clamorosa intervista a padre Arturo Sosa Abascal (QUI e QUI), Generale della Compagnia di Gesù (Gesuiti) - si dice che le parole di Gesù non vanno prese alla lettera ma andrebbero 'contestualizzate', anche perché - si legge sempre sul Web - a quei tempi apostoli ed evangelisti non avevano con sé un registratore
Ognuno potrebbe allora pensare - secondo la propria 'personale' coscienza - che anche altre affermazioni dei Vangeli possano essere prese con le 'pinze', specie le più 'scomode', quanto meno secondo la propria opinione interpretativa soggettiva.
In effetti a quei tempi non c'erano davvero i registratori, anche se gli apostoli che ascoltavano erano numerosi come pure i 'discepoli', ma mi sembra difficile che annotando subito, come spesso allora in uso, le parole di Gesù con uno stilo su delle tavolette di cera e poi ritrascrivendole su pergamene, essi avessero preso delle cantonate su questioni così importanti, considerato poi il fatto che almeno gli apostoli vissero tre anni a stretto contatto con Gesù e che chissà quante volte - in particolare gli evangelisti Giovanni e Matteo - ebbero occasione di approfondire personalmente 'a tu per Tu' questi e molti altri argomenti, come ad esempio il celibato dei sacerdoti.
Tuttavia - e questa è la novità che pochi hanno preso in considerazione - vi sono le rivelazioni date da Gesù alla grande mistica Maria Valtorta negli anni '40 del secolo scorso in una serie di oltre seicento visioni della vita evangelica di Gesù  e dell'intero gruppo apostolico (in 'L'Evangelo come mi è stato rivelato', Edizioni C.E.V.) da lei trascritte su dei Quaderni in tempo reale come se le vedesse con una sorta di telecamera nascosta, sempre assistita dai suoi direttori spirituali dell'Ordine dei Servi di Maria che poi ricopiavano e battevano a macchina i testi sottoponendoli poi nuovamente alla mistica per un ulteriore controllo di fedeltà.
Ebbene, come vedremo fra poco, potremmo considerare queste visioni assai migliori dell'ormai famoso 'registratore mancante' del Generale dei Gesuiti padre Arturo Sosa.
Infatti lei ascoltava (miracolo nel miracolo!) in lingua italiana quel che si diceva in ebraico, descriveva gli ambienti esterni di 2000 anni fa (come monti, laghi, paesi, strade, palazzi di Gerusalemme…), vedeva e annotava nei minimi particolari quello che facevano Gesù, apostoli, scribi, farisei, sacerdoti, romani, popolo… e centinaia di altri personaggi ancora, nonché situazioni estremamente interessanti sul piano spirituale, storico e teologico, come ad esempio nei minimi particolari il giudizio del sinedrio e la condanna a morte di Gesù (su istigazione dei notabili ebraici e per decisione del Procuratore romano Ponzio Pilato) nonché le modalità della  Crocifissione, con le esatte parole e l'intera agonia di Gesù durata tre ore appeso alla croce sul Calvario.
Inoltre la mistica sentiva olfattivamente persino profumi ed odori, etc. come se lei fosse stata veramente immersa nell'ambiente che vedeva.
L'Opera principale di Maria Valtorta - un'anima vittima per la corredenzione dei peccatori e pertanto dotata dal Signore di particolarissime doti carismatiche - è stata tradotta in oltre trenta lingue, descrive la vita e predicazione di Gesù in oltre cinquemila pagine in una decina di volumi, più altre opere di non minore valore contenenti Dettati di vario genere dati da Gesù alla mistica anche in previsione della situazione scismatica che si sarebbe creata nella Chiesa cattolica odierna, a causa della ideologia modernista ed in relazione all'apostasia della intera Umanità.
Ritornando però al tema dell'adulterio, è molto conosciuto il seguente brano dell'evangelista ed apostolo Giovanni riportato nella Bibbia ufficiale C.E.I..
Siamo nel Tempio di Gerusalemme quando i soliti ipocriti ed astiosi nemici cercano - sapendolo misericordioso - di tendere a Gesù un tranello chiedendogli di giudicare e condannare una adultera colta in flagrante, fatto che per legge era infatti soggetto a lapidazione.
Se infatti Gesù per carità umana l'avesse assolta dal suo peccato essi avrebbero potuto formalmente accusarlo di avere trasgredito alla Legge mosaica e quindi sottoporlo a processo.
Se l'avesse invece condannata essi avrebbero potuto dire che alla fin fine non era poi così 'misericordioso' come si diceva.
Gv 8, 1-11
Gesù perdona una donna adultera
1 Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.
5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.
7Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.
10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore».
E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».
Ecco ora dunque, per fare un confronto, come la mistica Valtorta sente e vede questo stesso episodio in una visione del 20 marzo 1944, (da 'L'Evangelo come mi è stato rivelato', Vol. VII, Cap. 494).
Lascio a voi giudicare, non essendo certo una cosa di tutti i giorni poter vedere ed ascoltare Gesù nel suo reale tempo ed ambiente.
Per meglio inquadrare temporalmente l'episodio teniamo presente che nelle visioni della mistica il fatto si svolge verso la fine del terzo anno della sua predicazione e più in particolare dopo che Gesù in un gelido clima invernale aveva già pronunciato a Gerusalemme - con la straordinaria oratoria e Sapienza che gli era abituale quando le circostanze lo richiedevano - tre importanti lunghi discorsi come quello sulla Natura del Regno di Dio (Gv, 7, 11-14 e Lc 17, 20-21), sulla Natura del Cristo (Gv 7, 25-30), e quello sull'Acqua Viva (Gv 7, 37-53), mentre solo qualche tempo dopo l'episodio dell'adultera avrebbe pronunciato quello sull'essere Lui la 'Luce' del mondo.(Gv 8, 12-20).
Spero di potere in futuro tornare per voi su questi Discorsi celebri, avendone avuto occasione di parlarne in altri miei scritti.
Ma, tornando alla donna adultera del Vangelo di Giovanni, ecco la visione di Maria Valtorta (grassetti e sottolineature sono miei):
494. La donna adultera e l'ipocrisia dei suoi accusatori. Vari insegnamenti.
20 marzo 1944.
1Vedo l'interno del recinto del Tempio, ossia uno dei tanti cortili contornati da porticati.
E vedo anche Gesù, il quale, molto ammantellato nel suo manto che lo fascia sopra la veste, non bianca ma rosso cupo (sembra una stoffa di lana pesante), parla a della folla che lo circonda.
Direi che è una giornata invernale, perché vedo che tutti sono molto ammantellati, e che faccia piuttosto freddo, perché invece di star fermi tutti camminano alla svelta come per scaldarsi. Vi è del vento che smuove i mantelli e solleva la polvere dei cortili.
Il gruppo che si stringe intorno a Gesù, l'unico che stia fermo mentre tutti gli altri, intorno a questo o a quel maestro, vanno avanti e indietro, si fende per lasciar passare un drappello di scribi e farisei gesticolanti e più che mai velenosi. Sprizzano veleno dallo sguardo, dal colore del volto, dalla bocca. Che vipere! Più che condurre, trascinano una donna sui trent'anni, scapigliata, disordinata nelle vesti come chi è stata malmenata, e piangente. La buttano ai piedi di Gesù come fosse un mucchio di cenci o una spoglia morta. E lei resta là, rannicchiata su se stessa, col volto appoggiato alle due braccia, nascosto da esse che le fanno cuscino fra il volto e il suolo.
«Maestro, costei è stata colta in flagrante adulterio. Suo marito l'amava, nulla le faceva mancare. Ella era regina nella sua casa. E lei lo ha tradito perché è una peccatrice, una viziosa, un'ingrata, una profanatrice. Adultera è, e come tale va lapidata. Mosè l'ha detto. Nella sua legge lo comanda che queste tali siano lapidate come bestie immonde. E immonde sono. Perché tradiscono la fede e l'uomo che le ama e le cura, perché come terra mai sazia sempre sono affamate di lussuria. Peggio delle meretrici sono, perché senza morso di bisogno danno se stesse per dare cibo alla loro impudicizia. Corrotte sono. Contaminatrici sono. A morte devono esser condannate. Mosè l'ha detto. E Tu, Maestro, che ne dici?».
2Gesù, che aveva interrotto di parlare all'arrivo tumultuoso dei farisei e che aveva guardato la muta astiosa con sguardo penetrante e poi aveva chinato lo sguardo sulla donna avvilita, gettata ai suoi piedi, tace.
Si è curvato, restando seduto, e con un dito scrive sulle pietre del portico, che la polvere sollevata dal vento copre di terriccio. Quelli parlano e Lui scrive.
«Maestro? Parliamo a Te. Ascoltaci. Rispondici. Non hai capito? Questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Nella sua casa. Nel letto dell'uomo suo. Ella lo ha sporcato con la sua libidine».
Gesù scrive.
«Ma è stolto quest'uomo! Non vedete che non capisce nulla e traccia dei segni sulla polvere come un povero folle?».
«Maestro, per il tuo buon nome, parla. La tua sapienza risponda al nostro interrogare. Ti ripetiamo: questa donna non mancava di nulla. Aveva vesti, cibo, amore. E ha tradito».
Gesù scrive.
«Ha mentito all'uomo che aveva fiducia in lei. Con bocca mendace l'ha salutato e col sorriso l'ha accompagnato alla porta, e poi ha aperto la porta segreta e ha ammesso il suo amante. E mentre il suo uomo era assente per lavorare per lei, essa, come una bestia immonda, s'è avvoltolata nella sua lussuria».
«Maestro, è una profanatrice della Legge oltre che del talamo. Una ribelle, una sacrilega, una bestemmiatrice».
Gesù scrive. Scrive e cancella lo scritto col piede calzato dal sandalo e scrive più in là, girandosi piano su Se stesso per trovare altro spazio.
Sembra un bambino che giuochi. Ma quello che scrive non è parola di giuoco.
Ha scritto successivamente: «Usuraio», «Falso», «Figlio irriverente», «Fornicatore», «Assassino», «Profanatore della Legge», «Ladro», «Libidinoso», «Usurpatore», «Marito e padre indegno», «Bestemmiatore», «Ribelle a Dio», «Adultero». Scritto e riscritto mentre sempre nuovi accusatori parlano.
«Ma insomma, Maestro! Il tuo giudizio. La donna va giudicata. Non può col suo peso contaminare la terra. Il suo fiato è veleno che turba i cuori».
3Gesù si alza. Misericordia! Che viso! È un balenare di lampi che si avventano sugli accusatori.
Sembra ancor più alto, tanto tiene la testa eretta. Sembra un re sul suo trono, tanto è severo e solenne. Il manto gli è caduto da una spalla e fa un lieve strascico dietro a Lui. Ma Egli non se ne cura. Con volto chiuso e senza la più lontana traccia di sorriso sulla bocca e negli occhi, pianta questi occhi in volto alla folla, che arretra come davanti a due lame ben pontute. Fissa uno per uno. Con una intensità  di indagine che fa paura.
I fissati cercano di arretrare nella folla e di nascondersi in essa. Il cerchio così si allarga e sgretola come minato da una forza occulta.
Infine parla. «Chi di voi è senza peccato scagli sulla donna la prima pietra».
E la voce è un tuono accompagnato da un ancor più vivo lampeggiare di sguardi.
Gesù ha conserto le braccia sul petto e sta così, ritto come un giudice, in attesa. Il suo sguardo non dà pace. Fruga, penetra, accusa.
Prima uno, poi due, poi cinque, poi a gruppi, i presenti si allontanano a capo basso.
Non solo gli scribi e i farisei, ma anche quelli che erano prima intorno a Gesù ed altri che si erano accostati per sentire il giudizio e la condanna e che, tanto quelli che questi, si erano uniti per insolentire la colpevole e chiedere la lapidazione.
Gesù resta solo con Pietro e Giovanni. Non vedo gli altri apostoli.
Gesù si è rimesso a scrivere, mentre la fuga degli accusatori avviene, e ora scrive: «Farisei», «Vipere», «Sepolcri di marciume», «Menzogneri», «Traditori», «Nemici di Dio», «Insultatori del suo Verbo»…
4Quando tutto il cortile si è svuotato e un gran silenzio si è fatto, non rimanendo che il fruscio del vento e quello di una fontanella in un angolo, Gesù alza il capo e guarda. Ora il volto si è placato. È mesto, ma non più irato. Dà un'occhiata a Pietro, che si è lievemente allontanato appoggiandosi ad una colonna, ed una a Giovanni che, quasi dietro a Gesù, lo guarda col suo sguardo innamorato.
Gesù ha un'ombra di sorriso guardando Pietro e un più vivo sorriso guardando Giovanni. Due sorrisi diversi.
Poi guarda la donna, ancora prostrata e piangente ai suoi piedi.
L'osserva. Si alza, si riaggiusta il manto come fosse in procinto di mettersi in cammino. Fa un cenno ai due apostoli di avviarsi verso l'uscita.
Quando resta solo, chiama la donna. «Donna, ascoltami. Guardami». Ripete il comando, perché essa non osa alzare il viso. «Donna, siamo soli. Guardami».
La disgraziata alza un viso su cui pianto e polvere fanno una maschera di avvilimento.
«Dove sono, o donna, quelli che ti accusavano?».
Gesù parla piano. Con serietà pietosa. Tiene il volto e il corpo lievemente piegati verso terra, verso quella miseria, e gli occhi sono pieni di una espressione indulgente e risanatrice.
«Nessuno ti ha condannata?».
La donna, fra un singulto e l'altro, risponde: «Nessuno, Maestro».
«E neppure Io ti condannerò. Và. E non peccare più. Và alla tua casa. E sappi farti perdonare. Da Dio e dall'offeso. Non abusare della benignità del Signore. Và».
E la aiuta a rialzarsi prendendola per una mano. Ma non la benedice e non le da la pace. La guarda avviarsi, a capo chino e lievemente barcollante sotto la sua vergogna, e poi, quando è scomparsa, si avvia a sua volta coi due discepoli.
Che dire?
Ripensando al dialogo di Gesù con i suoi antagonisti e con la stessa donna adultera, si può dire che l'Evangelista Giovanni - pur senza registratore - abbia riportato fedelmente nel suo Vangelo quanto sarebbe poi stato successivamente visto, ascoltato e riferito nella visione della mistica negli anni '40 del secolo scorso, in particolare anche quel finale 'Vai e non peccare più' che molti neo-modernisti odierni, forse cavalcando troppo l'onda del 'misericordismo' odierno, vorrebbero cancellare preferendo considerarla una 'aggiunta' postuma ad opera dei primi 'fondamentalisti ed integralisti' cristiani di allora.
Nei secoli - e qui tolgo a voi una gran curiosità - molti teologi e Padri della Chiesa si sono chiesti cosa avesse poi significato quell'insolito 'scrivere con il dito per terra' da parte di Gesù.
Ebbene ora finalmente lo sappiamo.
Gesù - anche se Onnisciente come Dio ed avendo comunque in Sé la doppia natura umana e divina - come 'Uomo perfetto' privo di Peccato originale aveva il dono della introspezione perfetta nei cuori.
Egli sapeva leggere perfettamente cosa passava nella mente del prossimo, e con quel suo dito egli scriveva per ognuno degli accusatori, che trafiggeva con lo sguardo, il suo peccato principale e gli accusatori, uno per uno, sentivano nella propria coscienza di essere personalmente chiamati in causa.
Ecco perché Gesù dirà nel brano evangelico «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei», e poi ancor più precisamente - nel testo della visione della mistica  - "Va'. E non peccare più. Va' alla tua casa. E sappi farti perdonare. Da Dio e dall'offeso. Non abusare della benignità del Signore'.
Già, chiarimento importante quello della visione valtortiana…, perché bisogna chiedere perdono non solo a Dio ma anche all'offeso.
Ma c'è anche un altro particolare importante che emerge dalla visione: Gesù la aiuta misericordiosamente a rialzarsi prendendola per mano, ma non la benedice e non le dà la 'pace', come in genere Egli era solito fare. Segno questo - per chi da secoli ancor oggi si domanda chi fosse la misteriosa adultera e se si fosse pentita, confondendola talvolta con la pentita Maria Maddalena, sorella di Lazzaro - che in realtà ella non si era ancora pentita, come emerge dal seguente immediato commento alla visione fatto dallo stesso Gesù alla mistica Valtorta.
Commento dal quale emerge in ogni caso una perfetta catechesi sull'adulterio nel suo senso più ampio.
Peccato che non l'abbiano conosciuta a suo tempo i redattori dell'Esortazione apostolica post-sinodale 'Amoris Laetitia', fatto che forse non avrebbe portato oggi, per le divergenze interpretative mai chiarite sul matrimonio e in genere sulla famiglia, al rischio di uno scisma…
Eccovene dunque il testo (i grassetti sono sempre miei):
^^^^
5Dice Gesù:
«Quello che mi feriva era la mancanza di carità e di sincerità negli accusatori. Non che mentissero nell'accusa. La donna era realmente colpevole. Ma erano insinceri facendosi scandalo di cosa da loro commessa le mille volte e che unicamente una maggior astuzia e una maggior fortuna avevano permesso rimanesse occulta.
La donna, al suo primo peccato, era stata meno astuta e meno fortunata. Ma nessuno dei suoi accusatori ed accusatrici - perché anche le donne, se non alzavano la loro parola, la accusavano in fondo al cuore - erano scevri di colpa.
Adultero è chi trascende all'atto e chi appetisce all'atto e lo desidera con tutte le sue forze. La lussuria è tanto in chi pecca che in chi desidera di peccare.
Ricordati, Maria, la prima parola del tuo Maestro, quando ti ho chiamata dall'orlo del precipizio dove eri: “Il male non basta non farlo. Bisogna anche non desiderare di farlo”.
Chi accarezza pensieri di senso, e suscita con letture e spettacoli cercati appositamente e con abitudini malsane sensazioni di senso, è ugualmente impuro come chi commette la colpa materialmente. Oso dire: è maggiormente colpevole. Perché va col pensiero contro natura, oltre che contro morale.
Non parlo poi di chi trascende a veri atti contro natura.
L'unica attenuante di costui è in una malattia organica o psichica.
Chi non ha tale scusante è di dieci gradi inferiore alla bestia più lurida. Per condannare con giustizia occorrerebbe essere immuni da colpa.
Vi rimando a dettati passati, quando parlo delle condizioni essenziali per esser giudice.
A Me non erano ignoti i cuori di quei farisei e di quegli scribi, non quelli di coloro che si erano uniti ad essi nell'inveire contro la colpevole.
Peccatori contro Dio e contro il prossimo, erano in loro colpe contro il culto, colpe contro i genitori, colpe contro il prossimo, colpe, soprattutto numerose, contro le mogli loro.
Se per un miracolo avessi ordinato al loro sangue di scrivere sulla loro fronte il loro peccato, fra le molte accuse avrebbe imperato quella di “adulteri” di fatto o di desiderio.
6Io ho detto: “È quello che viene dal cuore che contamina l'uomo”. E, tolto il mio cuore, non vi era alcuno fra i giudici che avesse il cuore incontaminato. Senza sincerità e senza carità.
Neppure l'esser simili a lei nella fame concupiscente li induceva a carità. Io ero che avevo carità per l'avvilita. Io, l'Unico che ne avrei dovuto aver schifo. Ma ricordatevi però questo: che quanto più uno è buono e più è pietoso verso i colpevoli. Non indulge alla colpa per se stessa. Questo no. Ma compatisce i deboli che alla colpa non hanno saputo resistere.
L'uomo! Oh! più che canna fragile e vilucchio sottile è facile ad esser piegato dalla tentazione e portato ad avvinghiarsi là dove spera trovare un conforto.
Perché molte volte la colpa avviene, specie nel sesso più debole, per questa ricerca di conforto.
Perciò Io dico che chi manca di affetto per la sua donna, ed anche per la figlia sua propria, è per novanta parti su cento responsabile della colpa della sua donna o della sua creatura e ne risponderà per esse.
Tanto l'affetto stolto, che è soltanto stupido schiavismo di un uomo ad una donna o di un genitore ad una figlia, quanto una trascuratezza d'affetti, o peggio una colpa di propria libidine che porta un marito ad altri amori e dei genitori ad altre cure che non siano i figli, sono fomite ad adulterio e prostituzione e, come tali, sono da Me condannati.
Siete esseri dotati di ragione e guidati da una legge divina e da una legge morale.
Avvilirsi perciò ad una condotta da selvaggi o da bruti dovrebbe fare orrore alla vostra grande superbia. Ma la superbia, che in questo caso sarebbe anche utile, voi l'avete per ben altre cose.
7Ho guardato Pietro e Giovanni in diversa maniera, perché al primo, uomo, ho voluto dire: “Pietro, non mancare tu pure di carità e di sincerità”, e dirgli pure, come a futuro mio Pontefice: “Ricorda quest'ora e giudica come il tuo Maestro, in avvenire”; mentre al secondo, giovane dall'anima di bambino, ho voluto dire: “Tu puoi giudicare, e non giudichi perché hai il mio stesso cuore. Grazie, amato, d'esser tanto mio da essere un secondo Me”.
Ho allontanato i due prima di chiamare la donna per non aumentare la sua mortificazione con la presenza di due testimoni. Imparate, o uomini senza pietà. Per quanto uno sia colpevole, va sempre trattato con rispetto e carità. Non gioire del suo annichilimento, non accanircisi contro neppure con sguardi curiosi. Pietà, pietà per chi cade!
Alla colpevole indico la via da seguirsi per redimersi. Tornare alla sua casa, umilmente chiedere perdono e ottenerlo con una vita retta. Non cedere più alla carne. Non abusare della bontà divina e della bontà umana per non scontare più duramente di ora la duplice o molteplice colpa. Dio perdona, e perdona perché è la Bontà. Ma l'uomo, per quanto Io abbia detto: “Perdona al fratello tuo settanta volte sette”, non sa perdonare due volte.
Non le do pace e benedizione perché non era in lei quella completa recisione dal suo peccato che è richiesta per esser perdonati. Nella sua carne, e purtroppo nel suo cuore, non era la nausea per il peccato.
Maria di Magdala, sentito il sapore del mio Verbo, aveva avuto disgusto per il peccato ed era venuta a Me con la volontà totale di essere un'altra. In costei era ancora un ondeggiamento fra le voci della carne e dello spirito. Né ella, nel turbamento dell'ora, aveva ancora potuto mettere la scure contro il ceppo della carne e reciderla per andare mutilata del suo peso bramoso al Regno di Dio. Mutilata di ciò che era rovina, ma accresciuta di ciò che è salvezza.
Vuoi sapere se si è poi salvata? Non a tutti fui Salvatore. Per tutti lo volli essere, ma non lo fui perché non tutti ebbero la volontà d'esser salvati. E questo è stato uno dei più penetranti strali della mia agonia del Gestemani.
Và in pace tu, Maria di Maria, e non voler più peccare neppure nelle inezie. Sotto il manto di Maria non stanno che cose pure. Ricordalo.
[…]».
Ebbene, come non sentire nel cuore, nel leggere, che siamo di fronte a parole della Sapienza che tutto sa fare capire, per di più con estrema semplicità?
Alcuni concetti mi hanno fra l'altro colpito e fatto riflettere, con riferimento alla corrente 'prassi'… LGBT.
Ad esempio l'anatema di Gesù contro chi compie dei veri atti contro natura. Tutti gravi ma con una 'attenuante' per chi abbia una malattia organica o psichica.
Oggi uno che affermasse una cosa del genere, in particolare anche con il riferimento ad una malattia organica o psichica, verrebbe lapidato come in effetti ha rischiato più di una volta Gesù nel Tempio di Gerusalemme.
Poi mi ha stupito una sorta di attenuante per la donna (chiamata 'sesso più debole', in quanto per intrinseca natura dotata di maggiore sensibilità affettiva) quando essa venga spinta all'adulterio appunto da una mancanza di affetto, per cui Gesù aggiunge che i mariti e persino i genitori sono in qualche modo responsabili della colpa della loro donna o figlia.
'Sesso debole'? Altri tempi… forse.
Infine la frase con cui Gesù definisce l'apostolo Giovanni 'un secondo Me' per la sua verginità e capacità di amare.
Ecco anche la ragione per cui il Verbo-Gesù, molti decenni dopo, in un certo senso 'privilegiò' San Giovanni 2000 anni fa con il dono della Rivelazione dell'Apocalisse sui tempi futuri dell'Umanità e della Chiesa.
E' un testo che a molti non piace leggere e commentare nemmeno nelle omelie, non solo perché di non facile interpretazione tranne - ma solo in parte - per gli 'specialisti', ma anche perché evoca in maniera inequivocabile una venuta dell'Anticristo nel corso della storia, e non alla fine del mondo, per via dell'apostasia, cioè dell'abbandono di Dio da parte degli uomini, oggi evidente di fronte agli occhi di tutti coloro che sappiano vedere non alla luce della 'propria' personale coscienza, ma di una coscienza 'rettamente formata'.
Potremmo a questo punto concludere dicendo che ormai in fatto di 'adulterio' ne sappiamo abbastanza, ma invece in una visione avuta dalla mistica due anni dopo la precedente, e cioè il 17 settembre 1946, vi è una 'coda', cioè la visione di un altro episodio che si comprende essere stato immediatamente successivo a quello del Tempio.
Non ve lo proporrei, perché vorrei essere 'breve' cosa che fino ad adesso non ho  fatto, ma penso che non capiti a tutti e nemmeno tutti i giorni di poter assistere 'in diretta' alla vita ed agli insegnamenti di Gesù, per cui lascio la continuazione della lettura a chi abbia davvero voglia e tempo per saperne di più.
Questa volta vi risparmio i miei commenti anche se sottolineature e grassetti sono sempre miei:
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'Da 'L'evangelo come mi è stato rivelato'
17 settembre 1946.
495. Lezione sulla misericordia in risposta alle obiezioni sul perdono all'adultera. Congedo ai discepoli sulla via di Betania.
1Gesù ha raggiunto i dieci apostoli e i principali discepoli alle falde del monte Uliveto, vicino alla fontana di Siloan. Quando essi vedono venire a passo sollecito Gesù fra Pietro e Giovanni, gli vanno incontro, ed è proprio vicino alla fonte che si riuniscono.
«Saliamo alla via di Betania. Lascio la città per qualche tempo. Andando vi dirò ciò che dovete fare», ordina Gesù.
Fra i discepoli vi sono anche Mannaen e Timoneo che, rasserenati, hanno ripreso il loro posto. E vi sono Stefano ed Erma, Nicolai, Giovanni d'Efeso, il sacerdote Giovanni e tutti, insomma, i più notabili per sapienza oltre gli altri, semplici, ma tanto attivi per grazia di Dio e volere proprio.
«Lasci la città? Ti è accaduto qualcosa?», chiedono in molti.
«No. Ma vi sono luoghi che attendono...».
2«Che hai fatto questa mattina?».
«Ho parlato... I profeti... Ancora una volta. Ma essi non intendono...».
«Nessun miracolo, Maestro?», chiede Matteo.
«Nessuno. Un perdono. E una difesa».
«Chi era? Chi offendeva?».
«Coloro che si credono senza peccato accusavano una peccatrice. Io l'ho salvata».
«Ma se era peccatrice avevano ragione essi».
«La sua carne era certamente peccatrice. La sua anima... Molto avrei da dire sulle anime. E non direi peccatrici solo quelle la cui colpa è palese. Sono peccatrici anche quelle che spingono altri a peccare. E di un peccato più astuto. Fanno insieme la parte del serpente e del peccatore».
«Ma che aveva fatto la donna?».
«Adulterio».
«Adulterio?! E Tu l'hai salvata?! Non dovevi!!», esclama l'Iscariota.
Gesù lo guarda fissamente, poi chiede: «Perché non dovevo?».
«Ma perché... ti può nuocere. Tu lo sai come ti odiano e cercano accuse contro Te! E certo... Salvare un'adultera è andare contro la Legge».
«Io non ho detto che la salvavo. Ho detto loro che soltanto chi era senza peccato la colpisse. E nessuno l'ha colpita perché nessuno era senza peccato. Ho dunque confermato la Legge che commina la lapidazione agli adulteri, ma ho anche salvato la donna perché non si è più trovato un lapidatore».
«Ma Tu...».
«Volevi che la lapidassi Io? Sarebbe stata giustizia, perché Io l'avrei potuta lapidare. Ma non sarebbe stata misericordia».
«Ah! era pentita! Ti ha supplicato e Tu…»
«No. Non era neppure pentita. Era soltanto avvilita e paurosa».
«Ma allora!... Perché?... Non ti capisco più! Prima riuscivo ancora a capire i tuoi perdoni a Maria di Magdala, a Giovanni di Endor, a... insomma a molti pec...»
«Di' pure: a Matteo. Non me ne ho a male. Anzi, ti sono grato se tu mi aiuti a ricordare il mio debito di riconoscenza al mio Maestro», dice Matteo calmo e dignitoso.
«Sì, ebbene, anche a Matteo... Ma essi erano pentiti del loro peccato, della loro vita licenziosa. Ma questa!... Non ti capisco più! E non sono solo io a non capirti...»
«Lo so. Non mi capisci... Mi hai sempre capito poco. E non tu solo. Ma ciò non muta il mio modo di agire».
«Il perdono va dato a chi lo chiede».
«Oh! Se Iddio dovesse dare il perdono soltanto a chi lo chiede! E colpire subito chi alla colpa non fa seguire il pentimento! Tu non ti sei mai sentito perdonato prima di esserti pentito? Puoi proprio dire che ti sei pentito, e per questo sei stato perdonato?».
«Maestro, io...».
3«Uditemi tutti, perché molti fra voi trovano che Io ho sbagliato e che Giuda ha ragione. Qui è Pietro e Giovanni. Essi hanno sentito ciò che Io ho detto alla donna e ve lo possono ripetere. Non sono stato stolto nel perdonare. Non ho detto ciò che dissi ad altre anime, alle quali perdonavo perché erano completamente pentite. Ma ho dato modo e tempo a quell'anima di giungere al pentimento e alla santità, se vorrà raggiungerli. Ricordatevelo per quando sarete i maestri delle anime.
Due cose è essenziale avere per poter essere veri maestri e degni di essere maestri.
Prima cosa: una vita austera per se stessi, di modo da poter giudicare senza le ipocrisie di condannare negli altri ciò che a noi si perdona.
Seconda: una paziente misericordia per dare modo alle anime di guarire e di fortificarsi. Non tutte le anime guariscono istantaneamente dalle loro ferite. Alcune lo fanno per successive fasi, e talora lente e soggette a ricadute. Cacciarle, condannarle, impaurirle non è arte di medico spirituale.
Se le cacciate da voi, torneranno per rimbalzo a gettarsi fra le braccia dei falsi amici e maestri. Aprite le vostre braccia e il vostro cuore, sempre, alle povere anime. Che esse sentano in voi un vero e santo confidente, sulle cui ginocchia non si vergognano di piangere. Se voi le condannate privandole degli aiuti spirituali, sempre più le farete malate e deboli.
Se voi le impaurite di voi e di Dio, come potranno alzare gli occhi a voi e a Dio? L'uomo incontra per primo giudice l'uomo. Solo l'essere che vive spiritualmente sa incontrare per primo Iddio. Ma la creatura che è già giunta a vivere spiritualmente non cade in colpa grave.
La sua parte umana può ancora avere debolezze, ma lo spirito forte veglia e le debolezze non divengono colpe gravi. Mentre l'uomo, che ancora è molto carne e sangue, pecca e incontra l'uomo.
Ora, se l'uomo, che gli deve indicare Dio e formare lo spirito, gli incute paura, come può il colpevole abbandonarsi a lui? E come può dire: "Mi umilio perché credo che Dio è buono e che perdona", se vede che un suo simile non è buono?
Voi dovete essere il termine di paragone, la misura di ciò che è Dio, così come un picciolo è la parte che fa capire la ricchezza di un talento. Ma se voi siete crudeli con le anime, voi piccioli che siete una parte dell'Infinito e lo rappresentate, cosa crederanno allora esse che sia Dio? Quale durezza intransigente penseranno in Lui?
4Giuda, tu che giudichi con severità, se in questo momento Io ti dicessi: "Io ti denuncerò al Sinedrio per pratiche magiche..."»
«Signore! Non lo farai! Sarebbe... sarebbe... Tu sai che è...»
«So e non so. Ma tu vedi come subito invochi pietà per te... e tu sai che non saresti condannato da essi perché...».
«Che vuoi dire, Maestro? Perché dici questo?», dice molto agitato Giuda interrompendo Gesù.
Il quale, molto calmo ma con uno sguardo che trivella il cuore a Giuda, e nello stesso tempo frena il suo turbato apostolo sul quale convergono gli sguardi degli altri undici apostoli e di molti discepoli, dice: «Ma perché essi ti amano. Hai buoni amici, tu, là dentro. Lo hai detto più volte».
Giuda tira un sospiro di sollievo, si asciuga un sudore strano in quel giorno freddo e ventoso, e dice: «É vero. Amici vecchi. Ma non credo che se peccassi...».
«E chiedi pietà perciò?».
«Certamente. Sono ancora imperfetto e voglio divenire perfetto».
«Lo hai detto. Anche quella creatura è molto imperfetta. Gli ho dato tempo a divenire buona, se vuole».
Giuda non ribatte più.
5Sono ormai sulla via di Betania, già lontani da Gerusalemme.
Gesù si ferma e dice: «E voi, avete dato ai poveri ciò che vi ho dato? Avete fatto tutto ciò che vi avevo detto?».
«Tutto, Maestro», dicono apostoli e discepoli.
«Allora sentite. Ora Io vi benedirò e vi congederò. Vi spargerete, come sempre, per la Palestina. Vi radunerete di nuovo qui per la Pasqua. Non mancate allora... e in questi mesi fortificate il vostro cuore e quello di chi crede in Me. Siate sempre più giusti, disinteressati, pazienti. Siate ciò che vi ho insegnato di essere. Girate per città, paesi, case sperdute. Non evitate nessuno. Sopportate tutto. Non è il vostro io ciò che servite, così come Io non servo l'io di Gesù di Nazaret, ma servo il Padre mio. Voi pure servite il Padre vostro. Perciò i suoi interessi, non i vostri, devono esservi sacri, anche se possono procurare dolore o lesione ai vostri interessi umani. Abbiate spirito di abnegazione e di ubbidienza. Potrà accadere che Io vi chiami o vi ordini di stare dove siete. Non giudicate il mio ordine. Quale che sia, ubbidite, credendo fermamente che esso è buono ed è dato per vostro bene.
E non abbiate invidia se alcuni saranno chiamati e altri no da Me. Voi vedete... Alcuni si sono staccati da Me... e Io ne ho sofferto. Erano quelli che ancora volevano regolarsi con la loro mente. La superbia è la leva che ribalta gli spiriti e la calamita che me li strappa. Non maledite chi mi ha lasciato. Pregate perché torni... I miei pastori staranno due a due nelle immediate vicinanze di Gerusalemme. Isacco per ora viene con Me insieme a Marziam. Amatevi molto fra voi. Aiutatevi a vicenda. Amici miei, tutto il resto ve lo dica il vostro spirito, ricordandovi ciò che ho insegnato, e ve lo dicano i vostri angeli. Io vi benedico».
Tutti si prostrano, mentre Gesù dice la benedizione mosaica.
Poi si affollano a salutare Gesù. Infine si separano da Lui, che coi dodici, Isacco e Marziam, procede sulla via di Betania.
«Ora sosteremo il tempo di salutare Lazzaro e poi proseguiremo verso il Giordano».
«Andiamo a Gerico?», chiede interessato Giuda di Keriot.
«No. A Betabara».
«Ma... la notte...».
«Non mancano case e paesi da qui al fiume...».
Nessuno parla più e, tolto il frusciare degli ulivi e lo scalpiccìo dei passi, non resta altro rumore.
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Termino come promesso senza miei ulteriori commenti (tranne quello che se il Signore talvolta sembra tardo a punire gli uomini peggiori è dovuto non solo a suoi imperscrutabili motivi ma anche al fatto che concede loro maggior tempo per pentirsi e salvarsi) ma solo riportando un 'Pensiero' conclusivo espresso da Gesù in un'altra occasione quando - nel corso di una lunga catechesi durata parecchi giorni sui Dieci Comandamenti - aveva affrontato quello molto attuale del… 'Non desiderare la donna d'altri'.
Egli aveva ascoltato un giovane lussurioso che, avendo compiuto adulterio con la moglie di un suo amico, da questa si era poi preso la lebbra ma poi, pentito, invocava da Gesù misericordia e salva la vita, venendone alla fine guarito 'istantaneamente'.
Il giovane se ne va felice con la madre dopo aver 'benedetto' Gesù il quale poi commenta però l'episodio di fronte alla folla osannante ed agli apostoli nel modo seguente (Ev., Vol. I,  Cap. 128.3/4 - Centro Ed. Valtortiano):
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(…)
«… Anche colui aveva dimenticato che vi è un Dio il quale ordina onestà nei costumi.
Aveva dimenticato che è proibito farsi degli dèi che Dio non siano. Aveva dimenticato di santificare il suo sabato come ho insegnato. Aveva dimenticato il rispetto amoroso verso la madre. Aveva dimenticato che non si deve fornicare, non rubare, non essere falsi, non desiderare la donna altrui, non ammazzare se stesso e la propria anima, non fare adulterio. Tutto aveva dimenticato. Vedete come era stato colpito.
"Non desiderare la donna d'altri" si unisce al "non fare adulterio". Perché il desiderio precede sempre l'azione. L'uomo è troppo debole per potere desiderare senza poi giungere a consumare il desiderio. E, quello che è sommamente triste, l'uomo non sa fare lo stesso nei giusti desideri. Nel male si desidera e poi si compie. Nel bene si desidera e poi ci si ferma, se pure non si retrocede.
Come ho detto a lui, dico a voi tutti, perché il peccato di desiderio è diffuso come la gramigna che da sé si propaga: siete infanti per non sapere che quella tentazione è venefica e va fuggita?
"Fui tentato". L'antica parola! Ma siccome è anche un antico esempio, dovrebbe l'uomo sovvenirsi delle conseguenze di esso e sapere dire: "No". La nostra storia non manca di esempi di casti che rimasero tali nonostante tutte le seduzioni del sesso e le minacce dei violenti.
È la tentazione un male? Non lo è. È l'opera del Maligno. Ma si muta in gloria per il vittorioso su essa. Il marito che va ad altri amori è un assassino della sposa, dei figli, di se stesso.
Colui che entra nell'altrui dimora per fare adulterio è un ladro, e dei più vili. Pari al cuculo, gode senza spesa del nido altrui.
Colui che carpisce la buona fede dell'amico è un falsario, perché testimonia una amicizia che in realtà non ha.
Colui che così agisce disonora se stesso e i genitori. Può avere allora Dio con sé?
4Ho fatto il miracolo per quella povera madre. Ma tanto mi fa schifo la lussuria che ne sono rivoltato. Voi avete urlato per paura e ribrezzo della lebbra. Io, con l'anima mia, ho avuto urlo per il ribrezzo della lussuria.
Tutte le miserie sono intorno a Me e per tutte Io sono il Salvatore. Ma preferisco toccare un morto, un giusto già infracidito con la sua carne che fu proba, e che è già in pace con il suo spirito, ad avvicinare colui che sa di lussuria. Sono il Salvatore, ma sono l'Innocente. Lo ricordino tutti coloro che qui vengono o di Me parlano prestando alla mia personalità i fermenti della loro.
Comprendo che voi vorreste altro da Me. Ma non posso. La rovina di una giovinezza appena formata e demolita dalla libidine mi ha turbato più che se avessi toccato la Morte. Andiamo dai malati. Non potendo, per la nausea che mi strozza, essere la Parola, sarò la Salute di chi spera in Me.
La pace sia con voi».
Infatti Gesù è molto pallido, come sofferente. Non ripiglia il sorriso altro che quando si curva su dei bambini malati e su degli infermi nelle loro barelline. Allora torna ad essere Lui. Specie quando, mettendo il suo dito nella bocca di un mutolino di circa dieci anni, gli fa dire «Gesù» e poi «Mamma».
La gente se ne va piano piano.
(…)
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