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> 133. 'Patì sotto Ponzio Pilato…'. Vi presento Ponzio Pilato… un ritratto storicamente inedito ed una 'Testimonianza' difficile da confutare…

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Pubblicato da in Articoli di Guido Landolina ·
Tags: Pensieri a voce alta
Pensieri a voce alta
di Guido Landolina
Vedi anche in Sezione Opere del sito
da 'Maria Valtorta: un nome e otto ragioni per credere' - Cap. 3
di Guido Landolina
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21.2.2018
133. 'Patì sotto Ponzio Pilato…'. Vi presento Ponzio Pilato… un ritratto storicamente inedito ed una 'Testimonianza' difficile da confutare…
Care amiche ed amici,
pochi conoscono Ponzio Pilato se non per gli accenni che di lui fanno i Vangeli in occasione del giudizio e della condanna a morte di Gesù, e ancora meno conoscono la storia di Claudia Procula, sua moglie.
Di Ponzio Pilato hanno parlato lo storico ebreo Giuseppe Flavio - autore delle 'Guerra giudaica', già ufficiale dell'esercito ebraico durante l'assedio di Gerusalemme, catturato e poi messosi al servizio dell'Imperatore Tito Flavio Vespasiano - quindi il filosofo Filone di Alessandria ed il grande storico Publio Cornelio Tacito.
Notizie frammentarie lo darebbero come caduto politicamente in disgrazia qualche tempo dopo la condanna a morte di Gesù.
Si narra comunque che fosse corrotto, licenzioso, crudele, che rubasse e pure condannasse senza processo, salvo poi essere spedito nella lontana Gallia finendo per suicidarsi nella città di Vienne, sotto il Regno di Caligola.
Anche se non possiamo dire che la sua sorte politica infausta fosse stata una punizione divina, chissà che egli non si fosse invece ucciso proprio per il rimorso di 'quella' condanna a morte di un 'Dio', o meglio di 'un giusto', come lui stesso aveva detto.
Chissà quante volte la moglie Claudia Procula (che lo aveva invitato a non condannare a morte Gesù e che viene narrato si fosse poi fatta cristiana) glielo deve avere rinfacciato specie dopo la Resurrezione del terzo giorno che dimostrò, al di là di ogni dubbio e nonostante i negatori anche delle evidenze, come quel 'profeta' ebreo fosse veramente 'figlio di Dio'.
Nulla però si sa, storicamente parlando, della personalità di Pilato che troviamo invece ben descritta in maniera del tutto inedita nell'Opera della grande mistica Maria Valtorta che negli anni '40 del secolo scorso vedeva quasi giornalmente in visione Gesù nella sua vita evangelica di 2000 anni fa.
In oltre seicento visioni lei aveva fatto conoscere vari episodi della sua infanzia, di cui i Vangeli parlano ben poco, poi ne aveva trascritto in tempo reale i discorsi più celebri durante i suoi tre anni di Evangelizzazione, descritto minuziosamente miracoli come quelli della resurrezione della figliola del sinagogo Giairo, del figlio della vedova di Naim, dello stesso Lazzaro, con innumerevoli episodi di vita ed i colloqui con gli apostoli e con altri numerosissimi personaggi, quelli affettuosi e intimi con sua Mamma, gli infuocati scontri dialettici con scribi e farisei, i suoi rapporti con i romani e tanto altro ancora.
I romani lo rispettavano per non essere lui un sedizioso ma anzi un uomo di pace e   soprattutto - dico io maliziosamente - forse perchéaveva invitato gli ebrei a pagare il tributo a 'Cesare', vale a dire le tasse…, cosa che oggi non facciamo volentieri nemmeno noi.
Ricorderete proprio a questo riguardo l'episodio raccontato in Mt 22,21 quando farisei ed erodiani - presentando a Gesù la moneta del tributo con stampigliata sopra l'immagine e l'iscrizione di Cesare - gli avevano chiesto se fosse lecito o meno pagare il tributo a Cesare.
In qualunque modo Gesù avesse risposto - a seconda che fosse stato un SI o un NO… - Gesù ne sarebbe uscito inviso o a Roma che aveva sempre bisogno di soldi o al popolo che odiava Roma e di tributi all'oppressore non voleva sentire parlare.
Gesù - che leggeva nei loro cuori - in quel caso invece rispose…, ma seppe farlo con grande intelligenza ed arguzia sentenziando con quella frase ormai celebre: '… Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio', lasciandoli con un palmo di naso.
Digressione divertente a parte e ritornando a Ponzio Pilato, la sua figura è ben descritta nel Vangelo di Giovanni (ma anche in quello di Matteo…) che - in merito alla cattura e condanna a morte di Gesù da parte del Sinedrio e alla sua 'traduzione' in ceppi davanti a Pilato - scrive:
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Gv 18, 28-40:
28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua.
29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest'uomo?».
30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato».
31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno».
32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?».
34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?».
35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono natoe per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
38Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?». E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna.  
39Vi è tra voi l'usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?».
40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.
     Gv 19, 1-16:
        1 Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.
       4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna».
       5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro:     
«Ecco l'uomo!».
             6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa».
      7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».
     8All'udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta.
    10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?».
    11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

    12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare».
    13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.
    14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!».
    15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16aAllora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
Dalla lettura dei Vangeli ed in particolare dal resoconto del processo a Gesù come risulta anche dal Vangelo di Matteo (Mt 27, 15-26), oltre al chiaro ruolo di paladina di Gesù della moglie di Pilato Claudia Procula (dama della potente famiglia romana dei Claudi, poi convertitasi al cristianesimo e riconosciuta come santa dalla Chiesa orientale ortodossa e da quella Etiope), emerge chiaramente l’immagine di una classe di governo ebraica che – forse appoggiata in piazza da una nutrita massa di facinorosi – insiste nel pretendere la condanna a morte di Gesù, addirittura per crocifissione.
Niente lascia pensare che il resoconto degli evangelisti sia un falso storico - come hanno tentato inutilmente di insinuare e anzi sostenere i nemici del Cattolicesimo - secondo i quali l’accusa rivolta alla classe politica di allora sarebbe stata una sorta di vendetta postuma degli evangelisti.
I neomodernisti-odierni hanno i loro antesignani in personaggi famosi di fine Ottocento ed inizi Novecento come Loisy, Renan, Bultmann, Rhaner, ecc..
Costoro sono tutti volti allo smantellamento delle Sacre Scritture presentate spesso come racconti mitici, a cominciare dal Peccato originale, e quindi come tali da… 'demitizzare' presentandoli come falsi e 'mutuati' da altre popolazioni dell'epoca o anteriori.
Salvo poi essi accettare il 'mito' della discendenza dell'uomo da una coppia di scimmie pur di negare la sua diretta creazione da parte di Dio...
Un Dio che crea dal nulla l'Universo ma 'incapace' di creare dal nulla un uomo…
Costoro, ma anche molti altri, fin da molti decenni fa avevano cercato di mettere in dubbio le verità dei Vangeli e soprattutto i passi più 'qualificanti' come ad esempio quello della moltiplicazione dei pani ('figura' della futura istituzione dell'Eucarestia nella quale ultima Gesù si fa 'dono' e 'si moltiplica', rendendosi presente per 'transustanziazione' nell'Ostia consacrata in Corpo-Sangue-Anima e Divinità) per non parlare della sua Resurrezione.
Essi - 'campioni' di una 'moderna' esegesi ed abusando del cosiddetto metodo storico-critico - pur di mettere in dubbio alcune importanti verità dei Vangeli tentarono di posticipare la datazione della loro stesura materiale ad un'epoca più tarda, anche di un paio di secoli dopo, quando - essendo nel frattempo morti tutti testimoni oculari della vita di Gesù - nessuno sarebbe stato più in grado di smentire quelle presunte 'false' verità evangeliche che per di più presentavano Gesù come un 'Uomo-Dio'.
Peccato però che dagli studi e scoperte anche archeologiche più recenti sia emerso che i Vangeli, tutt'altro che essere stati scritti in epoca molto tarda, fossero stati addirittura contemporanei o di pochissimi decenni successivi alla morte di Gesù, proprio all'epoca di Pietro e Paolo a Roma, per di più quando sia in Israele che a Roma erano ancora ben vivi moltissimi ebrei (nemici acerrimi dei cristiani) che, avendo conosciuto personalmente in Israele Gesù e la sua vita, avrebbero potuto pubblicamente sconfessare le presunte menzogne.
Quanto a Giovanni, egli scrisse invece il suo Vangelo in età centenaria, quindi parecchi decenni dopo la morte di Gesù, ma il suo racconto altamente spirituale - da apostolo particolarmente ispirato e prediletto di Gesù - conferma i racconti degli altri tre evangelisti ed anzi li integra e li rende ancora più comprensibili in molti aspetti spirituali fondamentali.
In ogni caso, dall’opera di Maria Valtorta, oltre che da vari resoconti storici, emerge uno ‘spaccato’ molto particolare di quell'epoca.
Israele era una provincia romana retta amministrativamente dagli ebrei ma controllata militarmente dal potere superiore di Roma.
A Gerusalemme comandava il Sinedrio, ma sopra il Sinedrio – per quanto concerneva il diritto di vita e di morte – vi era Roma, cioè il Procuratore romano Ponzio Pilato.
Il Sinedrio poteva solo ‘richiedere’ una condanna a morte, ma era poi nella facoltà del Procuratore concederla o meno.
Dalle visioni dell'opera 'valtortiana' e dagli stessi Vangeli emerge dunque che Gesù fu certamente condannato da Roma, ma… su istigazione ed anzi costrizione 'politica' da parte del Sinedrio stesso.
Le ‘motivazioni’ della richiesta di morte diventano a questo punto fondamentali.
L’accusa principale rivolta dai sacerdoti e sinedristi a Gesù Uomo-Dio fu il suo essersi dichiarato ‘Figlio di Dio’, cioè un Dio incarnato, affermazione che per essi era una vera blasfemia, in quanto una 'figliolanza' 'umana' di Dio era inconcepibile per il concetto del tutto 'spirituale' di Dio.
Inconcepibile infatti, per loro, che Dio potesse incarnarsi in un uomo, per di più nel figlio di un umile falegname, per giunta di Nazarethin Galilea, piccola località che - non so bene per quale ragione - pare non godesse di buona fama.
Non per nulla colui che sarebbe divenuto il futuro Apostolo Natanaele (Bartolomeo), quando gli annunciarono che Gesù di Nazareth era l'atteso Messia, aveva esclamato quelle parole ormai famose: 'Da Nazareth può venire qualcosa di buono?'.
L'idea di Messia, in Israele, era immaginata come quella di un potente condottiero politico che avrebbe guidato alla riscossa la Nazione vendicandola e liberandola dalla memoria delle schiavitù secolari subite nel passato da parte di altri popoli, come egizi e babilonesi, e da quella allora vigente del giogo di Roma.
Essi non concepivano né volevano un 'Messia-Uomo-Dio' che predicasse amore per il prossimo, ma volevano un Messia che - come loro avevano creduto di poter interpretare le profezie dei secoli precedenti - estendesse il suo 'dominio' (politico-militare) fino agli estremi confini del mondo.
Un Messia che li liberasse dal Nemico politico-militare senza pensare che il vero Nemico per eccellenza dell'uomo fosse Satana al punto che, per redimere l'uomo dal Peccato originale e dalla sterminata serie di quelli successivi individuali, un Dio avrebbe dovuto 'incarnarsi' nel seno di una vergine preservata dalla Macchia d'origine per sacrificarsi e riscattare così davanti al Padre l'Umanità, riaprendo le porte del Paradiso a tutti gli uomini di buona volontà.
Di fronte a Pilato, l’accusa 'ufficiale' che essi gli presentarono fu quella di essersi Gesù dichiarato ‘Messia’, e più precisamente ‘Re di Israele’, quindi come un personaggio politico con potenziali velleità di sedizione che certo Roma non avrebbe apprezzato rendendolo passibile di condanna a morte.
Ponzio Pilato era un militare, ma anche un 'politico'.
Marito dunque di Claudia Procula, donna potente per lignaggio e censo, contava anche grazie a lei di fare carriera e di poter ambire in futuro al governo di province ben più importanti e più ‘civilizzate’ di quell'oscura Giudea, considerata una ‘periferia’ dell’Impero, una delle meno importanti e per di più turbolenta.
Il Senato romano e lo stesso Imperatore giudicavano tuttavia l’efficienza dei loro governatori dalla loro capacità di incassare tributi e tenere ‘tranquille’ le province conquistate.
Un governatore doveva quindi da un lato lavorare di diplomazia, ma dall’altro – quando lo avesse reputato necessario – usare il pugno di ferro e stroncare sul nascere qualsiasi velleità di indipendenza.
Era questa la situazione nel momento del processo a Gesù, con un popolo che - nell'attesa di quel 'Messia Condottiero' che riteneva imminente - sopportava sempre meno il dominio di Roma.
Imminenza che era stata infatti predetta dal profeta Daniele (e mai profezia dell'Antico Testamento fu così esatta quanto alla sua data di futuro avveramento) il quale circa cinque secoli prima aveva preannunciato che il Messia si sarebbe manifestato sulla terra 'settanta settimane' (di anni) dopo, cioè dopo 490 anni (Dn 9, 1-27).
Pilato – che era un pagano – era molto scettico e anche menefreghista quanto alle dispute religiose ebraiche che egli vedeva come delle beghe incomprensibili, ma non era insensibile all’accusa che avrebbe potuto essergli rivolta di aver assolto un ‘nemico’ politico di Roma.
Erode Antipa, ebreo e tetrarca della Galilea ma che era spesso presente a Gerusalemme nelle importanti festività, anch’egli ben ‘ammanigliato’ con Roma, avrebbe ad esempio potuto nuocere alla carriera di Pilato, come pure i personaggi del Sinedrio, farisei e sadducei, molti dei quali in Israele erano ‘collaborazionisti’, influenti a Roma dalla quale avevano poi avuto benefici e l’autorizzazione a 'gestire' il potere a Gerusalemme.
Ecco dunque che Pilato, come si legge nei Vangeli, cerca in un primo tempo di salvare Gesù, affermando davanti alla canea degli accusatori che egli non vedeva colpe in lui, ma poi – quando capisce che quelli non vogliono sentir ragioni – desiste.
In fin dei conti per lui – romano – si trattava della condanna a morte di un ebreo voluta dai suoi stessi connazionali, non valeva la pena di farne un ‘casus belli’ e doverne poi pagare politicamente le conseguenze in termini di carriera.
Quindi Pilato – nonostante la moglie Claudia Procula (ammiratrice di Gesù che lei considerava ‘giusto’ e ‘filosofo’ sapiente) gli avesse mandato in corso di processo un biglietto per invitarlo ad essere ‘prudente’ nel giudizio – si arrende alla ‘piazza’, come succede a molti uomini di governo anche oggi, ma in un soprassalto di dignità per una condanna che egli riteneva davvero ingiusta, si lava ostentatamente le mani di fronte alla folla urlante, scandendo che lui vuole averle nette dal sangue di quel ‘giusto’.
Non vi è comunque dubbio - per ritornare a quella urlata richiesta di crocifissione di Gesù - di come il 'popolo' nel momento in cui si trasforma per le sue disordinate passioni in 'massa', perde la sua retta coscienza ed identità individuale per soggiacere alla logica del 'branco' ed esprimere livelli di estrema brutalità, come del resto ci insegna anche la Storia.
Mi ero tuttavia proposto, fin dal titolo di questo mio 'Pensiero a voce alta', di evidenziare meglio la figura di Ponzio Pilato ricorrendo a quello stesso Personaggio al quale lo scettico Pilato chiese: 'Cosa è la verità?'
Cosa di meglio che offrire dunque la Testimonianza diretta di Gesù che il 10 marzo 1944 parlava alla mistica Maria Valtortasvelandole i retroscena di quella tragica condanna e della personalità e motivazioni di Pilato?
A voi il compito di valutare - secondo il vostro criterio - riempiendo con quanto segue un grandissimo vuoto nelle vostre conoscenze (i grassetti sono miei):
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(Da 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Cap. 604.36-42 - Centro Ed. Valtortiano)
10 marzo 1944. Venerdì.
36Dice Gesù:
«Ti voglio far meditare il punto che si riferisce ai miei incontri con Pilato.
Giovanni, che essendo stato quasi sempre presente, o per lo meno molto prossimo, è il testimone e narratore più esatto, racconta come, uscito dalla casa di Caifa, Io fui portato al Pretorio. E specifica "di mattina presto". Infatti, lo hai visto, il giorno si iniziava appena. Specifica anche: "essi (i giudei) non entrarono per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua".
Ipocriti come sempre, essi trovavano pericolo di contaminarsi nel calpestare la polvere della casa di un gentile, ma non trovavano peccato uccidere un Innocente e, coll'animo soddisfatto del delitto compiuto, poterono gustare meglio ancora la Pasqua.
Hanno anche ora molti seguaci. Tutti quelli che nell'interno agiscono male e all'esterno professano rispetto alla religione e amore a Dio, sono simili a questi. Formule, formule e non religione vera! Mi fanno ripugnanza e sdegno.
Non entrando i giudei da Pilato, uscì Pilato per udire che avesse la turba vociferante e, esperto come era nel governo e nel giudizio, con un solo sguardo comprese che il reo non ero Io, ma quel popolo ubbriaco di odio. L'incontro dei nostri sguardi fu una reciproca lettura dei nostri cuori. Io giudicai l'uomo per quel che era. Egli giudicò Me per quel che ero. In Me venne per lui della pietà perché era un uomo debole. Ed in lui venne per Me della pietà perché ero un innocente.
Cercò di salvarmi dal primo momento. E, dato che unicamente a Roma era deferito e riserbato il diritto di esercitare giustizia verso i malfattori, tentò di salvarmi dicendo: "Giudicatelo secondo la vostra legge".
37Ipocriti per la seconda volta, i giudei non vollero dare condanna. Vero che Roma aveva diritto di giustizia, ma quando, ad esempio, Stefano venne lapidato, Roma imperava tuttora su Gerusalemme ed essi, ciononostante, definirono e consumarono giudizio e supplizio senza curarsi di Roma. Per Me, di cui avevano non amore ma odio e paura - non mi volevano credere Messia, ma non volevano uccidermi materialmente nel dubbio lo fossi - agirono in maniera diversa emi accusarono come sobillatore contro la potenza di Roma (voi direste: "ribelle") per ottenere che Roma mi giudicasse.
Nella loro aula infame, e più volte nei tre anni del mio ministero, mi avevano accusato d'esser bestemmiatore e falso profeta, e come tale avrei dovuto esser da essi lapidato o comunque ucciso.
Ma ora, per non compiere materialmente il delitto di cui sentono per istinto che sarebbero puniti, lo fanno compiere a Roma accusandomi d'esser malfattore e ribelle. Nulla di più facile, quando le folle sono pervertite ed i capi insatanassati, di accusare un innocente per sfogare la loro libidine di ferocia e di usurpazione, e levare di mezzo chi rappresenta un ostacolo e un giudizio.
Siamo tornati ai tempi di allora. Il mondo ogni tanto, dopo una incubazione di idee perverse, esplode in queste manifestazioni di pervertimento. Come una immensa gestante, la folla, dopo aver nutrito nel suo seno con dottrine da fiera il suo mostro, lo partorisce perché divori. Divori per primi i migliori e poi divori se stessa.
38Pilato rientra nel Pretorio e mi chiama vicino. E mi interroga. Egli aveva già sentito parlare di Me. Fra i suoi centurioni c'erano alcuni che ripetevano il mio Nome con amore riconoscente, con le lacrime agli occhi e il sorriso nel cuore, e parlavano di Me come di un benefattore. Nei loro rapporti al Pretore, interrogati su questo Profeta che attirava a Sé le folle e predicava una dottrina nuova in cui si parlava di un regno strano, inconcepibile a mente pagana, essi avevano sempre risposto che ero un mite, un buono che non cercavo onori di questa Terra e che inculcavo e praticavo il rispetto e l'ubbidienza verso coloro che sono le autorità. Più sinceri degli israeliti, essi vedevano e deponevano la verità.
La scorsa domenica egli, attratto dal clamore della folla, si era affacciato sulla via ed aveva visto passare su un'asinella un uomo disarmato, benedicente, circondato da bimbi e da donne.
Aveva compreso che non poteva certo essere in quell'uomo un pericolo per Roma. Vuol dunque sapere se Io sono re.Nel suo ironico scetticismo pagano, voleva ridere un poco su questa regalità che cavalca un asino, che ha per cortigiani dei bambini scalzi, delle donne sorridenti, degli uomini del popolo, di questa regalità che da tre anni predica di non avere attrazioni per le ricchezze ed il potere e che non parla di altre conquiste fuorché quelle dello spirito e di anima.
Che è l'anima per un pagano? Neppure i suoi dei hanno un'anima. E la può avere l'uomo?
Anche ora questo re senza corona, senza reggia, senza corte, senza soldati, gli ripete che il suo regno non è di questo mondo. Tanto vero che nessun ministro e nessuna milizia insorge a difendere il suo re ed a strapparlo ai nemici.
Pilato, seduto sul suo seggio, mi scruta, perché Io sono un enigma per lui. Sgomberasse l'anima dalle sollecitudini umane, dalla superbia della carica, dall'errore del paganesimo, comprenderebbe subito Chi sono. Ma come può la luce penetrare dove troppe cose occludono le aperture perché la luce entri?
39Sempre così, figli. Anche ora. Come può entrare Dio e la sua luce là dove non c'è più spazio per loro, e le porte e finestre sono sbarrate e difese dalla superbia, dall'umanità, dal vizio, dall'usura, da tante, tante guardie al servizio di Satana contro Dio?
Pilato non può capire quale sia il mio regno. E, quel che è doloroso, non chiede che Io glielo spieghi. Al mio invito perché egli conosca la Verità, egli, l'indomabile pagano, risponde: «Che cosa è la verità?», e lascia cadere con una alzata di spalle la questione.
Oh! figli, figli miei! Oh! miei Pilati di ora! Anche voi, come Ponzio Pilato, lasciate cadere con una alzata di spalle le questioni più vitali.
Vi sembrano cose inutili, sorpassate. Cosa è la Verità? Denaro? No. Donne? No. Potere? No. Salute fisica? No. Gloria umana? No. E allora si lasci perdere. Non merita che si corra dietro ad una chimera. Denaro, donne, potere, buona salute, comodi, onori, queste sono cose concrete, utili, da amarsi e raggiungersi a qualunque scopo. Voi ragionate così. E, peggio di Esaù, barattate i beni eterni per un cibo grossolano che vi nuoce nella salute fisica e che vi nuoce per la salute eterna.
Perché non persistete a chiedere: "Cosa è la verità"? Essa, la Verità, non chiede che di farsi conoscere, per istruirvi su di essa. Vi sta davanti come a Pilato e vi guarda con occhi di amore supplicante, implorandovi: "Interrogami. Ti istruirò".
Vedi come guardo Pilato? Ugualmente guardo voi tutti così. E, se ho sguardo di sereno amore per chi mi ama e chiede le mie parole, ho sguardi di accorato amore per chi non mi ama, non mi cerca, non mi ascolta. Ma amore, sempre amore, perché l'Amore è la mia natura.
40Pilato mi lascia dove sono, senza interrogare di più, e va dai malvagi che hanno la voce più grossa e che si impongono con la loro violenza. E li ascolta, questo sciagurato che non ha ascoltato Me e che ha respinto con una scrollata di spalle il mio invito a conoscere la Verità.
Ascolta la Menzogna. L'idolatria, quale che sia la sua forma, è sempre portata a venerare ed accettare la Menzogna, quale che sia. E la Menzogna, accettata da un debole, porta il debole al delitto. Pure Pilato, sulle soglie del delitto, mi vuole salvare ancora e una e due volte.
È qui che mi manda a Erode. Sa bene che il re astuto, che barcamena fra Roma e il suo popolo, agirà in modo da non ledere Roma e da non urtare il popolo ebreo. Ma, come tutti i deboli, allontana di qualche ora la decisione che non si sente di prendere, sperando che la sommossa plebea si calmi.
Io ho detto: "II vostro linguaggio sia: sì, sì; no, no". Ma egli non l'ha sentito o, se qualcuno glielo ha ripetuto, ha fatto la solita alzata di spalle. Per vincere nel mondo, per avere onori e lucro, occorre saper fare del un no, o del no un sì, a seconda che il buon senso (leggi: senso umano) consigli.
Quanti, quanti Pilati che ha il ventesimo secolo! Dove sono gli eroi del cristianesimo che dicevano , costantemente alla Verità e per la Verità, e no, costantemente no per la Menzogna?
Dove sono gli eroi che sanno affrontare il pericolo e gli eventi con fortezza d'acciaio e con serena prontezza e non dilazionano, perché il Bene va subito compiuto e il Male subito fuggito senza "ma" e senza "se"?
41Al mio ritorno da Erode, ecco la nuova transazione di Pilato: la flagellazione.
E che sperava? Non sapeva che la folla è la belva che, quando comincia a vedere il sangue, inferocisce? Ma dovevo esser franto per espiare i vostri peccati di carne. E vengo franto. Non ho più un brano del mio corpo che non sia percosso.Sono l'Uomo di cui parla Isaia. E al supplizio ordinato si aggiunge quello non ordinato, ma creato dalla crudeltà umana, delle spine.
Lo vedete, uomini, il vostro Salvatore, il vostro Re, coronato di dolore per liberarvi il capo da tante colpe che vi fermentano? Non pensate quale dolore ha subito la mia testa innocente per pagare per voi, per i vostri sempre più atroci peccati di pensiero che si tramutano in azione?
Voi, che vi offendete anche quando non c'è motivo di farlo, guardate al Re offeso, ed è Dio, col suo ironico manto di porpora lacera, con lo scettro di canna e la corona di spine. È già morente e lo schiaffeggiano ancora con le mani e con gli scherni. Né ve ne muovete a pietà. Come i giudei, continuate a mostrarmi i pugni, a gridare: "Via, via, non abbiamo altro dio che Cesare", o idolatri che non adorate Dio, ma voi stessi e chi fra voi è più prepotente. Non volete il Figlio di Dio. Per i vostri delitti non vi dà aiuto. Più servizievole è Satana. Volete perciò Satana. Del Figlio di Dio avete paura. Come Pilato. E quando lo sentite incombere su voi con la sua potenza, agitarsi in voi con la voce della coscienza che vi rimprovera in suo nome, chiedete come Pilato: "Chi sei?".
Chi sono lo sapete. Anche quelli che mi negano sanno che sono e Chi sono. Non mentite. Venti secoli stanno intorno a Me e vi illustrano Chi sono e vi istruiscono sui miei prodigi.
È più perdonabile Pilato. Non voi, che avete un retaggio di venti secoli di cristianesimo per sorreggere la vostra fede o per inculcarvela, e non ne volete sapere.
Eppure con Pilato fui più severo che con voi. Non risposi. Con voi parlo. E, ciononostante, non riesco a persuadervi che sono Io, che mi dovete adorazione e ubbidienza. Anche ora mi accusate di esser Io stesso la rovina di Me in voi, perché non vi ascolto. Dite di perdere la fede per questo. Oh! mentitori! Dove l'avete la fede? Dove è il vostro amore? Quando mai pregate e vivete con amore e fede?
Siete dei grandi? Ricordatevi che tali siete perché Io lo permetto.
Siete degli anonimi fra la folla? Ricordatevi che non vi è altro Dio che Io. Niuno è da più di Me e avanti di Me. Datemi dunque quel culto d'amore che mi spetta ed Io vi ascolterò, perché non sarete più dei bastardi ma dei figli di Dio.
42Ed ecco l'ultimo tentativo di Pilato per salvarmi la vita, dato che la potessi salvare dopo la spietata e illimitata flagellazione. Mi presenta alla folla: "Ecco l'Uomo!".
A lui faccio umanamente pietà. Spera nella pietà collettiva. Ma, davanti alla durezza che resiste ed alla minaccia che avanza, non sa compiere un atto soprannaturalmente giusto, e perciò buono, e dire: "Io libero costui perché è innocente. Voi siete dei colpevoli e, se non vi disperdete, conoscerete il rigore di Roma". Questo doveva dire se era un giusto, senza calcolare il futuro male che gliene sarebbe venuto.
Pilato è un falso buono.
Buono è Longino che, meno potente del Pretore e meno difeso, in mezzo alla via, circondato da pochi soldati e da una moltitudine nemica, osa difendermi, aiutarmi, concedermi di riposare, di confortarmi con le donne pietose, di esser soccorso dal Cireneo e infine di avere la Mamma ai piedi della Croce. Quello fu un eroe della giustizia e divenne per questo un eroe di Cristo.
Sappiatelo, o uomini che vi preoccupate unicamente del vostro bene materiale, che anche ai sensi di questo il vostro Dio interviene quando vi vede fedeli alla giustizia che è emanazione di Dio.
Io premio sempre chi agisce con rettezza. Io difendo chi mi difende. Io lo amo e soccorro. Sono sempre Quello che ha detto: "Chi darà un bicchier d'acqua in mio nome avrà ricompensa". A chi mi dà amore, acqua che disseta il mio labbro di Martire divino, Io do Me stesso, ossia protezione e benedizione».
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Molti teologi neomodernisti, cioè del tutto eretici, dicono sbagliando (vedi ad esempio Mt 26,24: dove Gesù nell'Ultima Cena disse: «Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui: ma guai a quell'uomo da cui il Figlio dell'uomo è tradito: sarebbe stato meglio per lui che non fosse mai nato!») che poiché Dio è infinitamente 'misericordioso' (dimenticandone però anche la infinita 'Giustizia') il pur 'non pentito' Giuda si sarebbe salvato dall'inferno perché con il suo Tradimento avrebbe in realtà consentito la Redenzione dell'Umanità grazie alla successiva cattura, condanna a morte e Sacrificio di Gesù.
Stravaganze di una 'chiesa stravagante'…, come aveva scritto nel primo Ottocento la Beata Katerina Emmerich che aveva visto in visione la situazione della Chiesa attuale!
Tuttavia, stravaganza per stravaganza, si potrebbe a questo punto provare a sostenere che anche Ponzio Pilato - ancorché suicida e, come un boia, esecutore solo 'legale' della condanna a morte di Gesù - potrebbe a maggior ragione essersi salvato, considerando che quella condanna a morte non fu 'provocata' da lui ma tutto sommato da Giuda.



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