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> 1015. IL QUARTO 'DISCORSO DELLA MONTAGNA'. IL GIURAMENTO, LA PREGHIERA, IL DIGIUNO (PRIMA PARTE DI DUE)

Biblioteca Neval 3
Pubblicato da in Articoli di Guido Landolina ·
Tags: Pensieri a voce bassa

Pensieri a voce bassa
di Guido Landolina
15.3.2018
Vedi anche l'elenco completo in Sezione 'Pensieri a voce bassa' e 'Pensieri a voce alta' nel sito dell'autore:
Il testo integrale di questo singolo 'Pensiero' è leggibile e scaricabile in pdf. cliccando su:
oppure su Gloria.tv:
15.3.2018
1015. IL QUARTO DISCORSO DELLA MONTAGNA: IL GIURAMENTO, LA PREGHIERA, IL DIGIUNO.
(Prima parte di due)
Care amiche ed amici,
nel cammino che abbiamo fatto fino a questo momento, assistendo anche noi - come Maria Valtorta (QUI) nelle sue visioni - ai discorsi del Gesù 'valtortiano', abbiamo visto che Egli, giorno dopo giorno, ha sviluppato le seguenti tre tematiche fra le sette che ho indicato nella Introduzione:
La missione degli apostoli e dei discepoli.
Il dono della grazia e le beatitudini.
I consigli evangelici che perfezionano la Legge.
Nei quattro giorni successivi Gesù avrebbe trattato di giorno in giorno rispettivamente i restanti argomenti:
Il giuramento, la preghiera, il digiuno.
L’uso delle ricchezze, l’elemosina, la fiducia in Dio.
La scelta fra Bene e Male, l’adulterio, il divorzio.
Amare la volontà di Dio.
Accingiamoci dunque ad affrontare il quarto discorso concernente il giuramento, la preghiera e il digiuno.
I tre temi sono indubbiamente interessanti. Cosa ci dirà Gesù in proposito?
Cosa ne sappiamo noi, ad esempio, del ‘giuramento’?
Il primo giuramento che mi viene in mente è quello attribuito ad Ippocrate, il famoso medico greco del IV secolo a.C., che aveva chiamato vari dèi a testimonianza del suo giuramento di ottemperare con ogni sua forzaa tutta una serie di impegni deontologici a favore del malato, fra i quali – cosa che mi ha meravigliato – quellodi non somministrare a nessuno alcun farmaco mortale, neppure se richiesto, né mai avrebbe dato tale consiglio a chicchessia, tantomeno avrebbe dato ad alcuna donna un medicinale abortivo.
Non ci sono commenti da fare se non che di fronte alle norme legislative ‘moderne e civili’ che prevedono in molti paesi l’eutanasia e l’aborto – siamo invece qui di fronte alla civiltà e al senso etico di un medico paganodi duemilaquattrocento anni fa e di una intera categoria di medici dell’antichità che tenevano evidentemente in somma considerazione la tutela della vita, sia di un adulto che di un embrione umano.
Il loro giuramento costituiva dunque un impegno solenne a fare o non fare certe cose, pronunciato di fronteai loro dèi che venivano chiamati ad essere testimoni di tale impegno.
Il secondo giuramento al quale penso, non perché mi sia mai capitato di averlo ascoltato in un Tribunale bensì in tanti film televisivi, è quello del tipo: ‘Giuro di dire la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità…’ quando un magistrato chiama qualcuno a rendere testimonianza in giudizio.
E’ una formula solenne che prevede gravi sanzioni in caso di spergiuro, sanzioni severe motivate dal danno anche gravissimo che una falsa testimonianza può arrecare.
Lo ‘spergiuro’ è colui che vìola il giuramento di dire la verità dichiarando invece il falso e in quanto spergiuro può anche giustamente andare in galera.
Ma quanto al giuramento nella religione ed in particolare nel Catechismo cattolico?
Si può chiamare Dio a testimone di quanto si asserisce? Non si deve, né che si giuri il vero né a maggior ragione che si giuri il falso.
Il nome di Dio non va infatti pronunciato invano.[1]
Anche il secondo dei dieci comandamenti prescrive di rispettare il nome del Signore, in particolare per l’uso della parola a proposito di cose sante.
Spergiurando si viene meno al rispetto verso Dio e si abusa del senso del sacro, che è una virtù della religione.
Insomma il secondo comandamento: ’Non nominare il nome di Dio invano’ proibisce l’abuso del nome di Dio. Le promesse – insegna il Catechismo della Chiesa cattolica – fatte ad altri nel nome di Dio impegnano l’onore, la fedeltà, la veracità e l’autorità divine e devono essere quindi mantenute per giustizia. Essere infedeli a queste promesse equivale dunque ad abusare del nome di Dio.
E’ proibito pertanto il falso giuramento perché fare promessa solenne o giurare è prendere Dio come testimone di ciò che si afferma ed è come invocare la veridicità divina a garanzia della propria veracità.
L’astenersi dal giuramento è un dovere verso Dio, mentre lo spergiurare costituisce una grave mancanza di rispetto nei suoi confronti.
Il giuramento per ragione grave e giusta – come essere chiamato a farlo in un Tribunale – è invece consentito dalla Tradizione della Chiesa.
Bisogna riconoscere che il Discorso della montagna – già di per sé concettualmente profondo nelle sintetiche e celebrate enunciazioni del Vangelo di Matteo – lo diventa ancora molto di più in quelle del Gesù valtortiano.
Difficile poter immaginare concetti espressi in siffatta forma, senza dover ammettere che davvero ci troviamo di fronte all’Uomo-Dio che enuncia verità sublimi pur dovendosi adattare - nel linguaggio - al livello culturale ed intellettivo degli ascoltatori di allora e di ora.
Chi avrebbe mai pensato - parlando ad esempio del ‘giuramento’ - a tutte le sfumature ed aspetti che Gesù sottopone alla nostra attenzione?
Gesù aveva esordito fin dall’inizio dicendo che i suoi sarebbero stati consigli di perfezione: il ‘serto’ che incorona la ‘Legge’ che è ‘Regina’!
Se il rispetto della Legge mosaica è sufficiente per ‘salvarci’, bisogna convenire – da quanto abbiamo fino ad ora letto, ed il Discorso della montagna non è ancora finito – che il riuscire a mettere in pratica questi nuovi insegnamenti possa davvero aiutare l’uomo a divenire ‘santo’ già in terra, per quanto glielo consenta la sua ‘umanità’.
Non sono pochi i concetti del discorso di Gesù che ci potrebbero colpire leggendo il suo discorso integrale riportato in questo 'Pensiero a voce bassa' che avete l'opportunità di leggere e scaricare come all'inizio indicato.
Ad esempio quello, di sottile rilevanza psicologica, per cui – mancando l’uomo di onestà non solo verso gli altri ma anche verso se stesso – egli, conoscendosi, si autoimpone una sorta di ‘guinzaglio’ anzi un ‘morso’come si fa con i cavalli, un ‘morso’ che in qualche modo lo aiuti a mantenere quanto promesso.
Questo ‘morso’ è il giuramento, morso relativo, tuttavia, perché poi l’uomo tende ad ‘aggiustarselo’giungendo a compromessi con se stesso secondo le proprie convenienze del momento, quando invece non spergiuri del tutto.
Persino un ‘voto’ è una ‘parola’ data al Signore e va mantenuto come un giuramento.
L’uomo non dovrebbe servirsi del giuramento, abitudine legata alla sua disonestà morale.
Se poi è spergiuro si prende gioco di Dio che chiama ad essere suo complice e mallevadore.
Che dire poi – continua Gesù - quando si giura o si spergiura sulla testa dei propri figli, la nostra cosa più sacra dopo Dio?
Ed invocare a testimonianza della propria onestà – o disonestà nel caso di spergiuro - le anime dei nostri più cari defunti?
Spergiurare significa ingannare il prossimo portato a credere che mai oseremmo dire il falso dopo aver chiamato Dio a testimonio.
Significa anche essere coscienti del fatto che di per se stessi non si è ‘credibili’ e che nemmeno gli altri crederebbero alla verità delle nostre parole se non si giurasse.
Lo spergiurare è una autentica sfida e provocazione nei confronti di Dio: spergiuriamo infatti nel suo nome, davanti a Lui che è sempre presente fin dentro i nostri più reconditi pensieri, ma sappiamo in cuor nostro in anticipo di giurare il falso.
E’ dunque un peccato che grida vendetta.
Abbiamo accennato al Giuramento, ma che dire della Preghiera?
Verrebbe da dire che se non tutti pregano tutti sanno però cosa essa sia.
E’ una pratica comune a tutte le religioni con la quale ci si rivolge a Dio (purtroppo molte volte solo quando ne abbiamo bisogno) per chiedere qualcosa per se stessi o per altri oppure – meno egoisticamente – per ringraziare o esprimere devozione.
Quando l’uomo prega si eleva a Dio in modo cosciente. Tuttavia è una elevazione ‘teorica’, perché in realtà essa dipende dal ‘come’ si prega e dallo ‘stato’ dei nostri rapporti con Dio.
Si può però chiedere nella preghiera una grazia a Dio se ci si ricorda di Dio solo quando se ne ha bisogno?
E può Dio accondiscendere alla preghiera di uno che si ricorda di lui solo quando gli vien bene o peggio ancora che vive coscientemente nel peccato?
Pregare non riesce a tutti: vi è – come già detto - chi non prega mai, chi prega svogliatamente e non con il cuore, chi prega non avendo il cuore ‘puro’, chi prega solo se ha bisogno di qualcosa, chi - ottenuta la grazia per la quale nel momento del bisogno aveva pregato - si dimentica di ringraziare Dio oppure – peggio ancora - pensa che quella tal cosa che egli desiderava tanto è 'arrivata'… perché ‘si vede che sarebbe arrivata comunque’, privando così Dio del merito e mostrandogli irriconoscenza.
Dio ci legge nel cuore e nella mente in ogni istante, tutte queste cose le sa in anticipo prima che accadano, e regola di conseguenza la concessione delle sue eventuali ‘grazie’.
Pregano le suore in clausura, pregano i sacerdoti, pregano i laici, ma spesso non si vedono i frutti di questa preghiera: in tal caso quelle indicate più sopra potrebbero essere alcune delle cause.
Gesù, nel suo sapiente 'Discorso della montagna' alla cui lettura vi rimando, dedica un ampio rilievo alla preghiera.
Questo è infatti un argomento fondamentale per tutti i popoli e per tutte le religioni, perché il ‘timor di Dio’ è innato nell’anima di tutti gli uomini, un’anima che ha ‘conosciuto’ Dio nell’attimo infinitesimale della sua creazione prima di essere infusa nel concepito salvo rimanerne poi ‘smemorata’.
La preghiera è importante anche per via della ‘Comunione dei Santi’.
Se il Peccato reca offesa all’Altissimo, la preghiera rende onore a Dio.
Dunque la preghiera è ‘riparazione’, perché ripara le offese di chi non ama Dio, ed è contemporaneamente ‘amore ‘, perché rendendo ‘Gloria’ a Dio lo ‘consola’ delle offese subite: offese subite dal Padre.
La preghiera è una ‘catena’ che unisce noi a Dio e Dio a noi.
Ecco perché la Madonna, nelle sue sempre più frequenti apparizioni, ci invita costantemente alla preghiera.
La preghiera è il minimo, per chi non riesca a fare nient’altro.
Come si ama, pregando? Si ama parlando al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo come al proprio padre, al proprio fratello, al proprio spirito. E dal colloquio filiale e fraterno nasce quel tipo di confidenza che ci abitua a vivere con Dio e in Dio. E quando si comincia a vivere insieme a Dio, posto che Egli è buono, lo si ama anche. E quando lo si ama si fa anche la sua Volontà.
Le false preghiere sono invece delle ipocrisie che hanno punti in comune con il giuramento del falso.
Gesù spiega infatti che chi prega premurandosi di farsi vedere per farlo sapere agli altri e farsi così considerare un ‘giusto’, è un bugiardo e un ipocrita.
Si ingannano gli altri ma non si inganna Dio, che osserva in silenzio ogni attimo della nostra vita e scandaglia i nostri pensieri più intimi, un Dio la cui pazienza potrebbe avere anche un limite.
E quelle nostre preghiere recitate come litanie? A chi di noi non è mai capitato?
A volte ci giustifica la stanchezza, a volte è la monotonia corale che addormenta lo spirito, altre volte ancora essa è un mero pregare ‘con le labbra’ perché – come in certi rosari collettivi di suffragio - ci si ‘adegua’ agli altri.
Queste ultime preghiere sono solo ‘suono di voce’, non partecipazione spirituale con un’altra anima morta da poco e che si è già presentata davanti alla Giustizia di Dio, avendo conosciuto una sentenza che in taluni casi potrebbe essere stata di condanna all’inferno o - in altri casi - di condanna al Purgatorio, che tutto è fuorché una cosa piacevole, anche se l’anima del defunto è qui ‘consolata’ dalla certezza di essere comunque salva.
Gesù insegna dunque che la preghiera può certamente essere verbale ma deve soprattutto essere fatta con il ‘cuore’.
Faccio peraltro osservare – se poco adusi alla prassi della preghiera – che Dio si accontenta anche di poche parole, se dette appunto con il cuore: da figlio a Padre.
Certamente si possono chiedere con la preghiera delle grazie a Dio, ma non solo quando ci fa comodo, e non solo per cose materiali, per non dire cose ingiuste.
Dio vuole preghiere innanzitutto per ragioni spirituali e poi – se è per il nostro bene – esaudisce anche le nostre esigenze materiali senza che neanche glielo chiediamo e senza che ce ne rendiamo conto, perché Egli sa benissimo di cosa abbiamo veramente bisogno.
Bisogna poi pregare il Signore – aggiungo ancora - abituandosi a chiedere aiuto e compartecipazione di preghiera anche al nostro Angelo Custode, che di norma prega e perora le nostre giuste cause ma è più contento se noi glielo chiediamo.
Chiedere aiuto al nostro Angelo custode è infatti un po’ come ‘consolarlo’ facendogli vedere che lo ricordiamo e che gli siamo grati: è un compagno di viaggio che ci segue per tutto il percorso della nostra vita e – pochi lo sanno – persino in Purgatorio dove sovente viene a consolarci ed a darci forza nell’espiazione.
Il Signore ce lo ha messo a fianco sin dal concepimento, attimo per attimo, una vita vissuta in simbiosi con noi, e noi spesso non lo degniamo che di rari ed astratti pensieri.
E’ bene pregare raccogliendosi anche per brevi momenti in solitudine, per poter parlare a Dio nel silenzio dell’anima, cioè intimamente, e poter eventualmente ascoltare le parole che Egli ispira al nostro orecchio spirituale.
Quando nella nostra normale vita giornaliera noi ci apprestiamo ad essere ammessi alla presenza di una persona importante alla quale vorremmo chiedere un favore, non è poi opportuno presentarci con il nostro aspetto fisico migliore e con i vestiti lindi ed in ordine, non certo macchiati o stazzonati?
Così per Dio.
Nel pregarlo – che è sempre un mettersi alla sua presenza – e ancor più nel ‘chiedere’, preoccuparsi di essere ‘con le vesti adatte’[2], cioè ben pentiti e con le migliori intenzioni spirituali, se vogliamo che Egli almeno ci ascolti.
Quanto all’esaudirci si vedrà, perché non è detto che le cose che chiediamo siano cose che ci facciano bene. Noi non conosciamo il futuro, ed una cosa che oggi ci sembrerebbe la migliore e più desiderabile, nel futuro – che Dio invece vede – potrebbe rivelarsi pericolosa sia per la nostra vita materiale che soprattutto per la Vita della nostra anima.
Dio guarda soprattutto all’anima perché è l’anima quella che è destinata alla Salvezza se rispetta la legge interiore dei Dieci comandamenti.
Ricordate le spiegazioni di Gesù sulla ‘predestinazione alla Grazia’ di tutti gli uomini, anche dei non battezzati?
E’ infatti nella prospettiva della Vita eterna che Dio ci ha creato, e non solo per questa vita terrena limitata che è una frazione infinitesimale, che è un nulla rispetto all’Eternità.
Vita terrena che, se da un lato è gioia, dall’altro è anche prova dura, perché la Terra – a causa del continuo peccato degli uomini – è sostanzialmente un ‘Tempio di espiazione’.
E’ comunque confermato dal Gesù valtortiano che l’espiazione in terra – per quanto a noi possa sembrare pesante al punto che preferiremmo rimandarla al Purgatorio – è molto più leggera di quella in Purgatorio.
Ci sono in ogni caso tanti modi di pregare: ad esempio con i propri ‘comportamenti’ nella vita abituale.
Sono ad esempio ‘preghiera’ – se fatti con spirito soprannaturale - l’allevare bene i propri figli per farne dei futuri potenziali ‘figli di Dio’ destinati al Paradiso, oppure curare la famiglia ed il proprio marito o moglie non solo dal punto di vista affettivo ma  spirituale, in onore del Matrimonio che, cristianamente parlando, non è un ‘contratto civile’ ma un vero e proprio Sacramento istituito da Dio dove i due sposi, uomo e donna, si giurano per sempre reciproco amore, fedeltà e assistenza nella buona come nella cattiva sorte.
E’ pure ‘preghiera’ comportarsi - nelle scuole - da buoni maestri ai quali i nostri figli giovani vengono affidati con fiducia allo scopo di indirizzarli verso una vita spiritualmente e socialmente ordinata e sana.
La Scuola non deve essere mero ‘nozionismo’ culturale o solo mezzo per trovare in futuro un lavoro od acquisire una miglior posizione sociale, ma deve essere formazione anche di valori di vita a cominciare dai valori etici ‘non negoziabili’, tanto per capirci.
E’ ancora ‘preghiera’ essere buoni medici interpretando la propria missione come ‘vocazione’ per la vita – come la intendeva Ippocrate – e non come un comune lavoro finalizzato talvolta ad un mero guadagno economico, anche se legittimo.
Lo stesso concetto di ‘preghiera’ vale per tante altre mansioni ed azioni della nostra vita, se svolte correttamente e con un occhio rivolto al Cielo, non ultime quelle nel campo della politica, dove i governanti dovrebbero innanzitutto preoccuparsi del benessere collettivo di tutti i ‘governati’ e non – ad esempio - solo degli interessi di quelli della propria parte politica.
La responsabilità dei governanti di fronte a Dio è dunque enorme perché riguarda la tutela e la formazione civile non di poche persone ma dell’intera collettività che Dio ha loro affidata.
Se infatti è indubitabile che governati ‘cattivi’ possano designare governanti altrettanto ‘cattivi’, è anche vero il contrario, e cioè che governanti ‘buoni’ possono ‘educare’ e rendere migliori i ‘governati’ che lo sono meno.
Abbiamo parlato del Giuramento e della Preghiera.
Cosa potrei dire del Digiuno?
Il digiuno…!
Quella 'tortura spirituale' che io cerco sempre di evitare se non per perdere quei chili di troppo guadagnati fra Natale e Capodanno, per non parlare della Pasqua e delle altre 'feste comandate'…
Dirò allora il meno possibile, ovviamente, ma per farlo anziché le seguenti parole dell'evangelista Matteo (Mt 6, 6-18):
16E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. 17Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto,18perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
ripeterò invece qui le esatte parole del Gesù 'valtortiano' in questo suo 'Discorso della montagna' alla cui integrale lettura rimando:
^^^^
«Quanto ho detto per l'orazione dico per il digiuno.
Quando digiunate non prendete un'aria melanconica come usano gli ipocriti, che ad arte si sfigurano la faccia acciò il mondo sappia e creda, anche se vero non è, che essi digiunano.
Anche essi hanno già avuto, con la lode del mondo, la loro mercede e non ne avranno altra. Ma voi, quando digiunate, prendete un'aria lieta, lavatevi a più acque il volto perché appaia fresco e liscio, ungetevi la barba e profumatevi le chiome, abbiate il sorriso del ben pasciuto sulle labbra. Oh! che in verità non vi è cibo che pasca quanto l'amore! E chi fa digiuno con spirito d'amore, di amore si nutre! In verità vi dico che se anche il mondo vi dirà "vanitosi" e "pubblicani", il Padre vostro vedrà il vostro segreto eroico e ve ne darà doppia ricompensa. E per il digiuno, e per il sacrificio di non essere lodati per esso».
^^^^
Beh… state tranquilli, qui il Signore non si riferisce a me, perché io non digiuno, non digiuno proprio…, e quindi non rischio di apparire né ipocrita nè melanconico ma invece … moderatamente soddisfatto, anche se - come dicevo prima - con qualche chilo di troppo.
Ecco perché esiste il Purgatorio…
Continueremo questo discorso nel prossimo 'Pensiero'…


[1]Es 20, 7: Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano.
[2]Mt 22, 1-14: 1 Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: «Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!». 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: «La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze».
10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: «Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?». Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti».14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
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