Pensieri a voce bassa
di Guido Landolina
15.2.2018
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15.2.2018
1013. IL SECONDO DISCORSO DELLA MONTAGNA: IL DONO DELLA GRAZIA E LE BEATITUDINI.
(Seconda parte di due)
Care amiche ed amici,
con il mio 'Pensiero a voce bassa' n.1012 del primo febbraio scorso vi avevo inviato la Prima parte del secondo Discorso della montagna: Il dono della Grazia e le Beatitudini.
Ora vi invio la seconda parte in questo ulteriore pdf, che potrete leggere e scaricare come sopra indicato e che sviluppa il tema della Grazia, un tema che per la Dottrina cattolica cristiana è non solo importante ma anzi fondamentale.
Non voglio anticiparvene il contenuto, del resto piuttosto ampio - perché di ventisei pagine - che tuttavia potrete leggervi con calma… anche a 'spizzichi e bocconi' quando avrete una ventina di minuti liberi.
Del resto di Grazia se ne sente spesso parlare, nelle omelie in chiesa, ma poi - quanto al capire cosa essa esattamente sia - questo pare essere tutt'altra cosa.
Voi sapete bene che nello scrivere io attingo quasi sempre le mie idee da quanto ho appreso e 'metabolizzato' dalle rivelazioni fatte da Dio alla mistica Maria Valtorta (QUI), rivelazioni che poi cerco di semplificare e sviluppare per renderle più facilmente comprensibili per chi non si intenda di teologia o di dottrina e che sia quantomeno animato da 'curiosità' di sapere.
D'altra parte fu proprio uno scienziato (purtroppo evoluzionista) a dire che quello che ha fatto 'progredire' l'uomo-scimmia verso la civiltà dell'homo sapiens-sapiens è stata proprio la… curiosità.
Ecco perché le donne sono più 'progredite' degli uomini…
Battuta a parte, non sono un teologo ma uno studioso da vent'anni dell'Opera valtortiana, per cui - cercando di chiarire le idee a voi - scrivendo… le chiarisco ulteriormente anche per me mentre batto sulla tastiera fissandole su… 'carta'.
Avevo una volta letto due 'Dettati', che Gesù aveva dato alla Valtorta nello stesso giorno,[1] e mi avevano particolarmente colpito alcuni concetti.
Nel primo dettato Gesù le parlava ancora una volta dell'importanza della Grazia.
Gli uomini – questo era il senso del discorso - che pur sono dotati di un'intelligenza superiore, sovente agiscono sconsideratamentequando non anche con bestiale irriflessione perché in loro si è lesa o spenta del tutto la forza dello spirito a causa del peccato che leva la Grazia.
La Grazia ci mantiene infatti in contatto con Dio e ci illumina delle sue luci.
La causa di tutti gli errori che si commettono sulla terra è il peccato che separa l'uomo dalla Grazia e quindi lo rende cieco.
Chi invece vive in Grazia - continuava Gesù con una bella immagine figurata - ha il ‘Sangue’ di Cristo che circola in lui e lo nutre al punto che il Padre suo e nostro, stringendoci al seno, non distingue più il nostro essere 'figli' di Adamo e ci chiama 'figli', figli come Gesù, e quando giungiamo al termine della nostra vita terrena ed entriamo in quella eterna il Padre ci saluta con i suoi bagliori di Luce perché riconosce in noi una parte di Sé che torna alla Sorgente divina da cui è scaturita.
Gesù invitava quindi gli uomini a vivere in Lui e di Lui, perché la gioia che ci attende, rispetto a questa vita terrena - che per quanto possa esser penosa è un attimo rispetto all'eternità - è smisurata come la gloria di Dio.
Nel secondo dettato Gesù sottolineava l'importanza di imparare ad amare, perché l'Amore è il principale attributo di Dio ed è la scienza delle scienze perché ci fa maestri nella scienza che dà Vita: la scienza di conoscere Iddio.
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«Colui che ama - diceva Gesù - possiede la vera intelligenza. Dio non si divide da chi lo ama. Ora, se Dio è in voi, voi possedete in voi l'intelligenza stessa, ed essa vi comunica le sue luci, così come fiamma chiusa in un cristallo traspare e riscalda al di fuori.
E Dio è fiamma che vive in voi quando voi lo amate.
La vostra natura umana si indìa al contatto.
L'uomo, animale dotato di ragione, cade come crisalide di farfalla e subentra il vero superuomo che non è quale lo crede il mondo: un povero superbo pieno di errori e di boria, ma un essere che, non ancora angelo e non più uomo, ha dell'uomo le lotte che danno il merito edegli spiriti la libertà sopra il senso, la luminosità e la chiaroveggenza, per cui la Verità si disvela e Dio appare - Padre e Signore - nella sua sopressenziale Bellezza...».
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Dunque - come detto sopra - l’uomo in grazia, poiché ama, ha Dio dentro di sé al punto che l’uomo stesso nella sua natura umana ‘si indìa’ al contatto, vale a dire che si ‘compenetra’ con Dio, divenendo un ‘vero superuomo’ e non invece - dico io - l’illusorio ‘superuomo’ futuro vagheggiato dai cultori dell’evoluzionismo.
Costoro - partendo dalla scimmia ed ipotizzando successive fasi evolutive animalesche del passato per arrivare all’Homo Sapiens-sapiens odierno (che saremmo noi) – traguardano nel futuro vagheggiando appunto un ipotetico ‘superuomo’ frutto conclusivo della nostra evoluzione animale, quando non anche – secondo altre teorie – una trasformazione progressiva dell’animale-uomo in un altro animale finalediverso, irriconoscibile da quello attuale, così come la scimmia in centinaia di migliaia di anni sarebbe diventata ‘uomo’ a sua volta oggi molto diverso dal suo supposto 'antenato' scimmia.
Tuttavia – a ben riflettere sulle precedenti parole di Gesù con riguardo al suo concetto di ‘superuomo spirituale’ – non si può non convenire che il vero 'superuomo' sia l'amante nello spirito che, attraverso le lotte contro la propria ‘carnalità’ materiale e morale, giunge ad essere uno spirito in carne umana, libero dal senso, in certo qual modo più simile ad un angelo che ad un uomo.
Il vero superuomo, aggiungo, è dunque l'amante - nello spirito - dello Spirito, che è Amore. Solo chi veramente ‘ama’ – perché in Grazia - è il vero superuomo.
Il vero Superuomo era l’Adamo del primo giorno. Era quello il superuomo per il quale Dio aveva creato l’Universo.
Ecco dunque la conseguenza più importante della Colpa, cioè del Peccato originale: la perdita della Grazia.
Ne ho già parlato molte volte nei miei scritti ma è bene che io ritorni sia pur brevemente sull’argomento mettendo in fila alcuni concetti:
Il primo uomo - come lo sarebbe stata in seguito Maria SS., concepita Immacolata, cioè priva di Colpa d'origine - amava perché pieno di 'Grazia'.
La Grazia è Sapienza, la Sapienza è Dio, Dio è Amore.
L'uomo aveva in sé l'Amore ed amava. Ma quando la Superbia, quel vapore che già si era condensato in Lucifero, si condensò anche nei primi due - ed essi, non paghi di avere praticamente tutto, vollero essere come Dio, come già aveva fatto Lucifero - ecco che essi diventarono di fatto ribelli, usurpatori, e come ribelli ed usurpatori vennero cacciati dal Paradiso terrestre.
Perché essi avevano perso la Grazia, cioè l'Amore di Dio, che sta e permane solo in coloro che amano.
Essi persero la Grazia e, con la Grazia, tutte le virtù 'psichiche', cioè le virtù dell'anima, che fino a quel momento avevano resointegra la loro 'psiche' ed il loro corpo.
La 'Psiche', non nella misura limitata in cui la intendiamo e comprendiamo normalmente noi ora, in realtà è l'Anima ma dell'Anima, ora, noi non abbiamo alcuna conoscenza: anzi, i più la negano.
La 'Psiche-anima' dell'uomo è quella che lo mantiene in vita.
L’uomo muore quando la 'Psiche-anima', cioè lo spirito, abbandona il corpo.
La ‘Psiche-anima’ non è solo un ‘principio fisicamente vitale’ (perché un ‘principio’ meramente vitale è concesso anche agli animali che la bontà del Signore ha voluto 'vivi') ma - nell’uomo - essa è anche un principio ‘spirituale’ immortale.
Questa è la differenza fra l'uomo e l'animale.
Gli uomini, per credersi ‘superiori’, vale a dire dei ‘superuomini’, si reputano discendenti di scimmie, cioè inferiori a quel che in realtà sono e cioè ‘figli’ di Dio grazie alla psiche-anima (che non è la psiche-animale), ma anima spirituale che dà agli uomini (animali pur essi ma di un gradino superiore al resto del regno animale) quella differenza che li rende appunto ‘figli di Dio’. Degni pertanto di entrare nel Suo Paradiso, un Paradiso fatto su misura per noi: come per noi, uomini di carne, Dio aveva fatto il Paradiso terrestre - poi per sua volontà decaduto – così come per noi ha fatto l’universo.
Del resto - per dirla con le parole di San Michele Arcangelo - ‘Chi come Dio?’
Nel Suo Regno, in quello dove Lui regna, Lui che è Amore, può dunque entrare solo chi è in 'grazia', solo cioè chi conosce l'Amore.
Come il primo uomo perse la Grazia - e quindi il diritto, per cominciare, al Paradiso terrestre, anticipazione di quello celeste - così i 'successivi' perdono la Grazia, a causa del peccato: non quello d'origine ma quello che ogni giorno noi commettiamo contro noi stessi andando contro la Legge che Dio ha messo nei nostri cuori: la Legge dei Dieci comandamenti.
Gli uomini per mancanza d'amore peccano contro Dio e contro se stessi: omicidi degli altri, dell'anima degli altri, grazie al saper odiare, suicidi ad un tempo di se stessi uccidendo la Grazia in sé, quella che rende l'Anima 'viva', quella che la mantiene figlia di Dio e che, una volta perduta, ci fa figli di Satana.
Questo è del resto un costante insegnamento del Gesù che parla ed appare spesso in visione alla mistica.
Ecco che allora - non solo per Adamo ed Eva, che pur sbagliarono ma sbagliarono su istigazione di un Lucifero, superbamente intelligente ed ‘angelicamente’ perfetto - ecco che Dio allora, per Pietà per i discendenti che avrebbero automaticamente contratto la 'malattia' con la riproduzione delle ‘specie’ (perché l'uomo, persa la Grazia, si può ben considerare un animale e quindi, certo, in questo caso si può davvero parlare di 'specie'), fece loro la promessa di salvezza.
La fece per loro conforto, per dare loro forza ed aiutarli a ravvedersi, come infatti successe ai Primi Due dopo l'omicidio di Abele da parte di Caino: prima anticipazione dei tanti omicidi che i caini della terra continuano a commettere, caini ed omicidi dello spirito, prima ancora che dei corpi.
Dio fece dunque la promessa anche per i successivi che sarebbero arrivati ad essere 'caini' non solo per loro personale demerito ma anche proprio a causa del Peccato Originale che li aveva privati della Grazia.
Né possiamo onestamente dire che i successivi, se avessero mantenuta la Grazia sarebbero stati migliori dei primi, perché anche questa sarebbe superbia.
Infatti il Peccato originale fu provvidenziale perché, se il primo uomo non avesse sbagliato e non fosse piombato nel fangoconoscendone tutte le miserie, i successivi - nel loro libero arbitrio (che, ricordiamolo sempre, non è una condanna ma un dono, perché altrimenti noi non saremmo dei ‘figli’ ma degli automi), migliorandosi continuamente, nella moltiplicazione e quindi di generazione evolutiva in generazione evolutiva, di stadio in stadio - sarebbero diventati sempre più perfetti e avrebbero finito, nel libero arbitrio, di ritenersi del tutto perfetti, cioè come Dio, anzi loro Dèi, come Lucifero.
E si sarebbero ribellati: non disobbedienza ribelle, ma vera ribellione.
Non 'Chi come Dio ?!', ma 'Chi come Io ?!', avrebbero detto! E come Lucifero avrebbero meritato la condanna: eterna, immediata.
Ma nella Sua Misericordia - Giustizia coi primi due, Misericordia per i successivi - Dio fece la Promessa, la promessa di Salvarci: la promessa di Maria, la Piena di Grazia che sarebbe venuta – con il suo ‘Sì’ - a portarci la ‘Grazia’, cioè Gesù.
Il Gesù valtortiano ha detto che l’uomo è il ‘capolavoro del Creato’.
Conoscendo però l’uomo attuale sembra impossibile pensare all’uomo come ad un ‘capolavoro del Creato’.
Che cosa è il ‘Creato’? E’ la creazione operata da Dio, creazione spirituale quella degli Angeli, creazione materiale quella concernente appunto la materia e con essa i vegetali e gli animali fra cui anche l’uomo, che tuttavia non è solo materia vivente ma anche spirito immortale in carne umana.
L’uomo ‘capolavoro del Creato’, come lo ha definito Gesù, è quello di cui lo Spirito Santo – in un’altra sua Lezione - aveva detto parlando della sua creazione (i grassetti sono miei): [2]
«…L’uomo: vero anello di congiunzione fra Terra e Cielo, vero punto di unione fra il mondo spirituale e quello materiale, l’essere in cui la materia è tabernacolo allo spirito, l’essere in cui lo spirito anima la materia non già solo per la vita limitata mortale, ma per la vita immortale dopo la finale resurrezione. L’uomo: la creatura in cui splende e dimora lo Spirito Creatore...».
Un uomo, insomma, che è immagine di Dio per l’anima deificata dalla Grazia e gli è somigliante – sempre per virtù della Grazia – per la carità.
Il ‘capolavoro del Creato’ non è dunque l’uomo odierno degenerato nei millenni a causa del Peccato originale e dei successivi peccati individuali, ma il primo uomo innocente, quale Dio l’aveva appena creato e quale sarà ancor più alla fine del mondo dopo la sua assunzione in Cielo in anima e corpo glorificati, con una bellezza corporea straordinaria ed una intelligenza quasi angelica, aumentata dal suo specchiarsi nella Luce di Dio.
C’è da rimanere attoniti, sbalorditi al pensiero che Dio – per avere un popolo di ‘figli’ da amare e dai quali essere riamato - avesse pensato e poi unito uno spirito ad una carne che sarebbe stata alla fine glorificata e che allo spirito e alla carne costituenti una unità psicosomatica avrebbe dato come Re il proprio Verbo incarnato.
Quando il Serpente della Genesi – per invogliare Eva a cogliere il frutto della perdizione – le disse ‘Eritis sicut dei’[3], cioè ‘sarete come dei’, non sospettava di dire a sua insaputa una grande verità che si sarebbe realizzata grazie alla futura Redenzione da parte del Verbo incarnato: classico esempio di 'eterogenesi dei fini', termine che potremmo anche più semplicemente definire come una conseguenza ‘non intenzionale’ di un’azione ‘intenzionale’.
'Sarete come dei' è il concetto espresso in precedenza da Gesù quando ha detto che l’uomo in grazia che si abbandona all’amore verso Dio si ‘indìa’, concetto espresso in altro modo anche da San Paolo quando dice ‘… non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me…’.
Quanto al resto del mio 'Pensiero'… buona lettura...
[1] M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 10 ottobre 1943 – Centro Editoriale Valtortiano
[2] M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – 21/28.5.1948 – Centro Editoriale Valtortiano
[3] Gn 3, 4-5