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> 100. La doppia natura di Gesù, vero Dio e vero Uomo.

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Pubblicato da in Articoli di Guido Landolina ·
Tags: PENSIERI A VOCE ALTA

 

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DI GUIDO LANDOLINA
Commenti di Guido Landolina alle
LEZIONI SULL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI
scritte dalla mistica  Maria Valtorta sotto dettatura dello Spirito Santo
(pubblicazione il sabato o la domenica)
(6 di 23)

CENTENARIO FATIMA 13 MAGGIO 1917-13 MAGGIO 2017
100. La doppia natura di Gesù, vero Dio e vero Uomo.
Faccio seguito al mio precedente
099. Pentecoste. La discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo su Maria SS. e sugli apostoli
Inizia con questo Pensiero sulla doppia natura di Gesù il vero e proprio mio commento alle 'Lezioni' impartite dalloSpirito Santo alla nostra mistica Maria Valtorta.
E' il 2 gennaio 1948, il giorno in cui Colui che lei chiama a volte 'l'Autore SS.' o anche il 'Divino Autore', e altre volte il suo 'Dolce Ospite' - vale a dire lo Spirito Santo - inizia il suo ciclo di 48 'Lezioni', che si dispiegheranno in un arco di tempo che va dal 2 gennaio 1948 al 16 novembre 1950, tutte dedicate al commento sulla 'Epistola di Paolo ai Romani'.
In linea di massima i testi di Paolo, ancorché talvolta ermetici al punto da richiedere una certa competenza teologica per meglio valutarli, si spiegano da soli, ma lo Spirito Santo ‘valtortiano’ - lo dico qui anche per i brani di commento futuri - si sofferma di volta in volta nelle sue 'lezioni' non tanto su un intero brano paolino di per sé comprensibile nel suo insieme quanto su singoli versetti, talvolta su poche parole delle quali amplia e chiarisce il significato anche profondo, se non in qualche caso recondito, arricchendolo di una nuova luce che rende più comprensibili alcune particolarità del testo.
Nel caso specifico - e questo è un metodo che seguiremo anche nei capitoli successivi - il commento dello Spirito Santo è qui dedicato ai versetti 3-4 del primo capitolo dell'Epistola, sottolineati da me nella nota a piè di pagina in carattere grassetto, che sono tuttavia da inquadrare nel testo completo.
Questa prima lezione[1] riguarda la natura di Gesù che, per Dottrina e Rivelazione, sappiamo già essere duplice, e cioè contemporaneamente divina ed umana.
Questo, almeno, è quanto ci insegna la Fede. Il 'Dolce Ospite' - che parla non ai 'dotti' ma alle persone 'semplici' - ce ne chiarisce tuttavia meglio il senso affinché la Fede sia supportata dalla Ragione.
Perché – domanda dunque lo Spirito Santo - Gesù si definì 'Figlio di Dio' per 'propria virtù', come scrive San Paolo?
Perché mai la sua natura fu divina?
Fu divina – è la risposta - perché il Verbo, incarnatosi nel Seno di Maria SS. grazie allo Spirito Santo, rimase Dio, sempre unito al Padre pur avendo assunto una natura umana.
Normalmente si dice che il Verbo-Dio, incarnandosi, avvilì se stesso pur di compiere la sua missione redentiva sulla Terra - e così fu - ma in realtà la sua natura divina in Gesù non ne fu contaminata, come del resto dimostrato dai suoi miracoli straordinari e dalla sua Resurrezione, ma fu piuttosto la sua natura umana ad essere 'sublimata', pur rimanendo natura umana a tutti gli effetti.
Gesù - continua lo Spirito Santo - poté tuttavia dichiararsi 'Figlio di Dio' non solo perché Verbo Incarnato ma anche per la sua stessa natura umana che - come dice San Paolo - fu perfetta per propria specifica virtù.
Quale virtù?
Gesù-Uomo - come ogni uomo - aveva una libera volontà, anche se Egli poteva all'occorrenza piegare gli elementi della natura,
Egli tuttavia non impose mai il dominio della sua natura divina, nemmeno allo scopo di evitarsi la Croce, perché in tal caso avrebbe disubbidito alla volontà del Padre che voleva l'Umanità salva grazie al Suo Sacrificio.
Gesù, dunque - pur avendo una libera volontà non ne abusò - ma, anzi, la utilizzò per conseguire una umanità perfetta.
La sua natura divina non lo mise neppure - quale Uomo-Dio - al riparo dalle tentazioni, in particolare quelle violentissime del Demonio, tentazioni dalle quali - come Uomo - non fu esente ma che Egli seppe respingere.
Gesù - aggiunge ancora il ‘Dolce Ospite’ della mistica - avrebbe potuto dunque peccare, ma 'non volle peccare', ed è quindi anche per questo che Egli poté dichiararsi 'Figlio di Dio'.
La sua origine divina - pur nato per natura umana da Maria SS. della stirpe regale di Davide - fu del resto confermata non solo dalla sua Parola, cioè dai suoi insegnamenti e dai miracoli, ma in particolare anche dalla sua Resurrezione, Resurrezione che - fate bene attenzione - fu una 'auto-resurrezione' spontanea.
A proposito della natura divina di Gesù e della Sua autoresurrezione, ecco come -in due differenti visioni - la mistica descrive la Resurrezione e cosa le dirà in seguito Gesù:[2]
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617. La Risurrezione.
1 aprile 1945.
1Rivedo la letificante e potente Risurrezione di Cristo.
Nell’ortaglia è tutto silenzio e brillìo di rugiade. Sopra di essa un cielo che si fa di uno zaffiro sempre più chiaro, dopo avere lasciato il suo blu-nero trapunto di stelle che per tutta la notte aveva vegliato sul mondo. L’alba respinge da oriente ad occidente queste zone ancora oscure come fa l’onda durante un’alta marea che sempre più avanza, coprendo il lido scuro e sostituendo il bigio nero dell’umida rena e della scogliera coll’azzurro dell’acqua marina.
Qualche stellina non vuole ancora morire e occhieggia sempre più debole sotto l’onda di luce bianco verdina dell’alba, di un latteo sfumato di bigio, come le fronde degli ulivi assonnati che fanno corona a quel poggio poco lontano. E poi naufraga sommersa dall’onda dell’alba, come una terra che l’acqua sormonta. E ce ne è una di meno… E poi ancora una di meno… e un’altra, e un’altra. Il cielo perde i suoi greggi di stelle e solo là, sull’estremo occidente, tre, poi due, poi una, restano a riguardare quel prodigio quotidiano che è l’aurora che sorge.
Ed ecco che, quando un filo di rosa mette una linea sulla seta turchese del cielo orientale, un sospiro di vento passa sulle fronde e sulle erbe, e dice: «Destatevi. Il giorno è risorto». Ma non sveglia che le fronde e le erbe, che rabbrividiscono sotto i loro diamanti di rugiada ed hanno un fruscio tenue, arpeggiato di gocce che cadono. Gli uccelli ancora non si destano fra i rami folti di un altissimo cipresso che pare domini come un signore nel suo regno, né nell’aggrovigliato intreccio di una siepe di allori che fa riparo al vento di tramontano.
2Le guardie annoiate, infreddolite, assonnate, in varie pose vegliano il Sepolcro, la cui porta di pietra è stata rinforzata, al suo orlo, da un grosso strato di calcina, come fosse un contrafforte, sul bianco opaco della quale spiccano i larghi rosoni di cera rossa, impressi con altri, direttamente nella calcina fresca, del sigillo del Tempio.
Le guardie devono avere acceso un fuochetto nella notte, perché vi è della cenere e dei tizzi mal bruciati al suolo, e devono avere giocato e mangiato, perché sono ancora sparsi resti di cibo e dei piccoli ossi puliti, certo usati per qualche giuoco, uso il nostro domino o il nostro fanciullesco giuoco delle biglie, giocati su una primitiva scacchiera tracciata sul sentiero. Poi si sono stancate ed hanno lasciato tutto in asso, cercando pose più o meno comode per dormire o per vegliare.
3Nel cielo, che ora ha, all’oriente, una plaga tutta rosata che sempre più si estende nel cielo sereno, dove per altro ancora non è raggio di sole, si affaccia, venendo da profondità sconosciute, una meteora splendentissima, che scende, palla di fuoco di insostenibile splendore, seguita da una scia rutilante, che forse non è altro che il ricordo del suo fulgore nella nostra retina. Scende velocissima verso la Terra, spargendo una luce così intensa, fantasmagorica, paurosa nella sua bellezza, che la luce rosata dell’aurora se ne annulla, superata da questa incandescenza bianca.
Le guardie alzano il capo stupite, anche perché, con la luce, viene un boato potente, armonico, solenne, che empie di sé tutto il Creato. Viene da profondità paradisiache. È l’alleluia, il gloria angelico, che segue lo Spirito del Cristo che torna nella sua Carne gloriosa.
La meteora si abbatte contro l’inutile serrame del Sepolcro, lo divelle, lo atterra, fulmina di terrore e di fragore le guardie messe a carcerieri del Padrone dell’Universo, dando, col suo tornare sulla Terra, un nuovo terremoto, come lo aveva dato quando dalla terra era fuggito questo Spirito del Signore. Entra nel buio Sepolcro, che si fa tutto chiaro della sua luce indescrivibile, e mentre questa permane sospesa nell’aria immobile, lo Spirito si rinfonde nel Corpo immoto sotto le funebri bende.
Tutto questo non in un minuto, ma in frazione di minuto, tanto l’apparire, lo scendere, il penetrare e scomparire della Luce di Dio è stato rapido…
4Il «Voglio» del divino Spirito alla sua fredda Carne non ha suono.
Esso è detto dall’Essenza alla Materia immobile. Ma nessuna parola viene percepita da orecchio umano.
La Carne riceve il comando e ubbidisce ad esso con un fondo respiro…
Null’altro per qualche minuto.
Sotto il sudario e la sindone la Carne gloriosa si ricompone in bellezza eterna, si desta dal sonno di morte, ritorna dal «niente» in cui era, vive dopo essere stato morta. Certo il cuore si desta e dà il primo battito, spinge nelle vene il gelato sangue superstite e subito ne crea la totale misura nelle arterie svuotate, nei polmoni immobili, nel cervello oscurato, e riporta calore, sanità, forza, pensiero.
Un altro attimo, ed ecco un moto repentino sotto la sindone pesante. Così repentino che, dall’attimo in cui Egli certo muove le mani incrociate al momento in cui appare in piedi imponente, splendidissimo nella suo veste di immateriale materia, soprannaturalmente bello e maestoso, con una gravità che lo muta e lo eleva pur lasciandolo Lui, l’occhio fa appena in tempo ad afferrarne i trapassi.
Ed ora lo ammira: così diverso da quanto la mente ricorda, ravviato, senza ferite né sangue, ma solo sfolgorante della luce che scaturisce a fiotti dalle cinque piaghe e si emana da ogni poro della sua epidermide.
5Quando muove il primo passo – e nel moto i raggi scaturenti dalle Mani e dai Piedi lo aureolano di lame di luce: dal Capo innimbato di un serto che è fatto dalle innumeri piccole ferite della corona che non dànno più sangue ma solo fulgore, all’orlo dell’abito quando, aprendo le braccia che ha incrociate sul petto, scopre la zona di luminosità vivissima che trapela dalla veste accendendola di un sole all’altezza del Cuore – allora realmente è la «Luce» che ha preso corpo.
Non la povera luce della Terra, non la povera luce degli astri, non la povera luce del sole. Ma la Luce di Dio: tutto il fulgore paradisiaco che si aduna in un solo Essere e gli dona i suoi azzurri inconcepibili per pupille, i suoi fuochi d’oro per capelli, i suoi candori angelici per veste e colorito, e tutto quello che è, di non descrivibile con parola umana, il sopraeminente ardore della Ss. Trinità, che annulla con la sua potenza ardente ogni fuoco del Paradiso, assorbendolo in Sé per generarlo nuovamente ad ogni attimo del Tempo eterno, Cuore del Cielo che attira e diffonde il suo sangue, le non numerabili stille del suo sangue incorporeo: i beati, gli angeli, tutto quanto è il Paradiso: l’amore di Dio, l’amore a Dio, tutto questo è la Luce che è, che forma il Cristo Risorto.
6Quando si sposta, venendo verso l’uscita, e l’occhio può vedere oltre il suo fulgore ecco che due luminosità bellissime, ma simili a stelle rispetto al sole, mi appaiono l’una di qua, l’altra di là della soglia, prostrate nell’adorazione al loro Dio, che passa avvolto nella sua luce, beatificante nel suo sorriso, ed esce, abbandonando la funebre grotta e tornando a calpestare la terra, che si desta di gioia e splende tutta nelle sue rugiade, nei colori delle erbe e dei roseti, nelle infinite corolle dei meli, che si aprono per un prodigio al primo sole che le bacia e al Sole eterno che sotto esse procede.
Le guardie sono là, tramortite… Le forze corrotte dell’uomo non vedono Dio, mentre le forze pure dell’universo – i fiori, le erbe, gli uccelli – ammirano e venerano il Potente che passa in un nimbo di luce sua propria e in un nimbo di luce solare.
Il suo sorriso, lo sguardo che si posa sui fiori, sulle ramaglie, che si alza al cielo sereno, tutto aumenta in bellezza. E più soffici e sfumati di un setoso rasare sono i milioni di petali che fanno una spuma fiorita sul capo del Vincitore. E più vividi sono i diamanti delle rugiade. E più azzurro è il cielo che specchia i suoi occhi fulgenti e festoso il sole che pennella di letizia una nuvoletta portata da un vento leggero, che viene a baciare il suo Re con fragranze rapite ai giardinieri e con carezze di petali setosi.
Gesù alza la Mano e benedice e poi, mentre più forte cantano gli uccelli e profuma il vento, mi scompare alla vista, lasciandomi in una letizia che cancella anche il più lieve ricordo di tristezze e sofferenze e titubanze sul domani…
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E ancora, in un Dettato, Gesù commenta a Maria Valtorta la Sua auto-Resurrezione:[3]
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[21 febbraio 1944]
1Dice Gesù:
«Le preghiere ardenti di Maria hanno anticipato di qualche tempo la mia Risurrezione.
Io avevo detto: “Il Figlio dell’uomo sta per essere ucciso, ma il terzo giorno risorgerà”.
Ero morto alle tre del pomeriggio di venerdì. Sia che calcoliate i giorni come nome, sia li calcoliate come ore, non era l’alba domenicale quella che doveva vedermi sorgere. Come ore, erano unicamente trentotto ore invece di settantadue quelle che il mio Corpo era rimasto senza vita. Come giorni, doveva almeno giungere la sera di questo terzo giorno per dire che ero stato tre giorni nella tomba.
Ma Maria ha anticipato il miracolo. Come quando col suo orare ha schiuso i Cieli con anticipo di qualche anno sull’epoca prefissa, per dare al mondo la sua Salvezza, così ora Ella ottiene l’anticipo di qualche ora per dar conforto al suo cuore morente.
2Ed Io, alla prima alba del terzo giorno, sono sceso come sole che scende e del mio fulgore ho sciolto i sigilli umani così inutili davanti alla potenza di un Dio, della mia forza ho fatto leva per ribaltare l’inutilmente vegliata pietra, del mio apparire ho fatto folgore che ha atterrato le tre volte inutili guardie messe a custodia di una Morte che era Vita, che nessuna forza umana poteva impedire d’esser tale.
Ben più potente della vostra corrente elettrica, il mio Spirito è entrato come spada di Fuoco divino a riscaldare le fredde spoglie del mio Cadavere, e al nuovo Adamo lo Spirito di Dio ha alitato la vita, dicendo a Se stesso: “Vivi. Lo voglio”.
Io che avevo risuscitato i morti quando non ero che il Figlio dell’uomo, la Vittima designata a portare le colpe del mondo, non dovevo potere risuscitare Me stesso ora che ero il Figlio di Dio, il Primo e l’Ultimo, il Vivente eterno, Colui che ha nelle sue mani le chiavi della Vita e della Morte? Ed il mio Cadavere ha sentito la Vita tornare in Lui.
Guarda: come uomo che si sveglia dopo il sonno dato da una enorme fatica, Io ho un profondo respiro. Né ancora apro gli occhi. Il sangue torna a circolare nelle vene poco rapido ancora, riporta il pensiero alla mente. Ma vengo da tanto lontano! Guarda: come uomo ferito che una potenza miracolosa risana, il sangue torna nelle vene vuote, empie il Cuore, scalda le membra, le ferite si rimarginano, spariscono lividi e piaghe, la forza torna. Ma ero tanto ferito! Ecco, la Forza opera. Io sono guarito. Io sono svegliato. Io sono ritornato alla Vita. Fui morto. Ora vivo! Ora sorgo!
Scuoto i lini di morte, getto l’involucro degli unguenti. Non ho bisogno di essi per apparire Bellezza eterna, eterna Integrità. Io mi rivesto di veste che non è di questa Terra, ma tessuta da Colui che mi è Padre e che tesse la seta dei gigli verginali.
Sono vestito di splendore. Mi orno delle mie Piaghe che non gemono più sangue ma sprigionano luce. Quella luce che sarà la gioia di mia Madre e dei beati e il terrore, la vista insostenibile dei maledetti e dei demoni sulla Terra e nell’ultimo giorno.
3L’angelo della mia vita d’uomo e l’angelo del mio dolore sono prostrati davanti a Me e adorano la mia Gloria. Ci sono tutti e due i miei angeli.
L’uno per bearsi della vista del suo Custodito, che ora non ha più bisogno d’angelica difesa. L’altro, che ha visto le mie lacrime, per vedere il mio sorriso; che ha visto la battaglia, per vedere la mia vittoria; che ha visto il mio dolore, per vedere la mia gioia.
4Ed esco nell’ortaglia piena di bocci di fiori e di rugiada. E i meli aprono le corolle per fare arco fiorito sul mio capo di Re, e le erbe fanno tappeto di gemme e di corolle al mio piede che torna a calpestare la Terra redenta dopo esser stato innalzato su essa per redimerla. E mi saluta il primo sole, e il vento dolce d’aprile, e la lieve nuvola che passa, rosea come guancia di bambino, e gli uccelli fra le fronde. Sono il loro Dio. Mi adorano.
Passo fra le guardie tramortite, simbolo delle anime in colpa mortale che non sentono il passaggio di Dio.
È Pasqua, Maria! Questo è bene il “Passaggio dell’Angelo di Dio”! Il suo Passaggio da morte a vita. Il suo Passaggio per dare Vita ai credenti nel suo Nome.
È Pasqua! È la Pace che passa nel mondo. La Pace non più velata dalla condizione di uomo. Ma libera, completa nella sua tornata efficienza di Dio.
5E vado dalla Madre. È ben giusto che ci vada.
Lo è stato per i miei angeli. Ben di più lo è per quella che, oltre che mia custode e conforto, mi è stata datrice di vita.Prima ancora di tornare al Padre nella mia veste d’Uomo glorificata, vado dalla Madre. Vado nel fulgore della mia veste paradisiaca e delle mie Gemme vive. Ella mi può toccare, Ella le può baciare, perché Ella è la Pura, la Bella, l’Amata, la Benedetta, la Santa di Dio.
Il nuovo Adamo va all’Eva nuova. Il male è entrato nel mondo per la donna, e dalla Donna fu vinto. Il Frutto della Donna ha disintossicato gli uomini dalla bava di Lucifero. Ora, se essi vogliono, possono esser salvi. Ha salvato la donna rimasta così fragile dopo la ferita mortale.
6E dopo che alla Pura, alla quale per diritto di santità e di maternità è giusto vada il Figlio-Dio, mi presento alla donna redenta[4], alla capostipite, alla rappresentante di tutte le creature femminee che sono venuto a liberare dal morso della lussuria. Perché dica ad esse che si accostino a Me per guarire, che abbiano fede in Me, che credano nella mia Misericordia che comprende e perdona, che per vincere Satana, che fruga loro le carni, guardino la mia Carne ornata dalla cinque ferite…
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Fu dunque Gesù stesso non più come Uomo-Dio ma piuttosto come Dio-Uomo – dopo aver adempiuto la sua Missione con il suo Sacrificio e aver dimostrato oltre ogni dubbio la propria morte effettiva - ad impartire il comando di auto-Resurrezione, ridando vita al suo corpo inerte.
L'Opera della scrittrice mistica Maria Valtorta è enciclopedica: oltre ottomila pagine - contenute in una quindicina di volumi di ragguardevoli dimensioni fra i quali i dieci volumi de ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ - che riprendono in visione gli episodi più salienti della vita e della predicazione di Gesù - dove la stesse problematiche (come nel caso specifico quella della doppia natura di Gesù) vengono spesso affrontate da angolazioni e visuali diverse prendendo lo spunto da situazioni differenti.
Ricordo in particolare un episodio.[5]
Gesù stava facendo un discorso nella sinagoga di Cafarnao alla presenza di molti estimatori ma anche di farisei ostili che, ascoltandolo, speravano di poterlo cogliere in fallo per poi denunciarlo alle Autorità religiose.
Uno di costoro, dall'aspetto astioso - contestandogli di essersi professato 'rappresentante di Dio' - gli rivolge ad un certo punto una domanda sperando di 'prenderlo in castagna' con una risposta sbagliata.
Gesù lo fissa e gli dice: 'Chi sei, Io non so. Ma, chiunque tu sia, ti rispondo...'.
Mi ero subito detto, leggendo quel brano, che Gesù qui mostrava - pur affermando di essere 'Figlio di Dio' - di non essere Onnisciente come invece avrebbe dovuto essere se fosse stato Dio, in quanto Egli rivelava di non sapere chi fosse il suo interlocutore.
Ma subito dopo Gesù ‘risponde’ al fariseo dicendo che ‘un altro’ - che non l'amava - avrebbe parlato testimoniandochi Egli era.
E rivoltosi al folto della folla, fissando in volto uno dei tanti, Gesù gli ordina imperiosamente: 'Aggeo! Vieni avanti, te lo comando!'.
Un uomo si fa allora avanti, uno che si chiamava appunto Aggeo e che tutti a Cafarnao sapevano essere un indemoniato, tormentato cioè spesso dal Demonio che lo assaliva facendolo diventare ebete e furioso.
Dopo una lotta - sguardo nello sguardo - il dèmone all'interno di quell'uomo, preso da parossismi e urla disumane, trasforma un suo mugolìo bestiale in parole intelleggibili: “Che c’è fra noi e Te, Gesù di Nazaret? Perché sei venuto a tormentarci? Perché a sterminarci, Tu, Padrone del Cielo e della Terra? So chi sei: il Santo di Dio. Nessuno, nella carne, fu più grande di te, perché nella tua carne d’uomo è chiuso lo Spirito del Vincitore eterno. Già mi hai vinto in…”.
Gesù lo interrompe e gli comanda bruscamente di uscire senza indugio dal corpo di quell’uomo, dopodiché l'uomo, ormai liberato e tornato in sé, ringrazia Gesù il quale con dolcezza gli dice che egli - in mezzo alla folla - lo stava ascoltando con fede e quindi per questa ragione egli veniva sanato, e con l'occasione lo invita ad andare in pace... e a comportarsi da 'giusto' nel futuro.
Ecco dunque un esempio pratico delle due nature che convivevano in Gesù.
Infatti Maria Valtorta – nel descrivere e scrivere questa visione - riporta in calce una importante 'nota' di commento, o meglio una spiegazione ispirata che lei ha 'ricevuto' al proposito e che dice : 'Il Cristo, come Dio, e come Santo dei Santi, penetrava nelle coscienze, vedeva e conosceva i loro riposti segreti (introspezione perfetta); come Uomo, conosceva, solo secondo il modo umano, le persone e i luoghi, quando il Padre suo e la sua propria natura divina non giudicavano essere utile il conoscere luoghi e persone senza chiedere... Qui, dovendo dar prova al fariseo della sua onniscienza divina, chiama a nome lo sconosciuto Aggeo che sa indemoniato, mentre, nella pagina precedente, come Uomo, aveva detto al fariseo: 'Io non so chi tu sia...'.
Se nella sua Resurrezione Gesù mostra la natura di Dio, lo stesso fa nella prima apparizione agli apostoli[6], attraversando le mura del Cenacolo e materializzandosi davanti a loro, nel contempo Egli - per convincerli di non essere un fantasma - mostra anche la natura d'uomo, dal punto di vista della solidità corporea, toccandoli, facendosi toccare e mangiando.
Analogamente - nella sua seconda apparizione[7] agli apostoli nella Domenica successiva e sempre nel Cenacolo - dove sempre per convincerli di non essere un fantasma ma di essere proprio 'Lui' in persona, Egli mangia e soprattutto “costringe” l'incredulo Tommaso a mettere materialmente le dita nelle sue piaghe ben reali:
^^^^
(…)
Le finestre sono sprangate e le porte pure. Il lume, acceso con due soli becchi, sparge una luce tenue sulla sola tavola. Il resto del vasto stanzone è nella penombra.
Giovanni, che ha alle spalle una credenza, ha l’incarico di porgere ai compagni ciò che desiderano del loro parco cibo, composto di pesce, che è sulla tavola, pane, miele e formaggini freschi. È nel girarsi di nuovo verso il tavolo, per dare al fratello il formaggio che egli ha richiesto, che Giovanni vede il Signore.
2Gesù è apparso in maniera molto curiosa. La parete dietro le spalle dei commensali, tutta di un pezzo meno che nell’angolo della porticina, si è illuminata al centro, ad un’altezza di un metro circa dal suolo, di una luce tenue e fosforica come è quella che emanano certi quadretti che sono luminosi solo nel buio della notte. La luce, alta quasi due metri, ha forma ovale, come fosse una nicchia. Nella luminosità, come avanzasse da dietro veli di nebbia luminosa,emerge sempre più netto Gesù.
Non so se riesco a spiegarmi bene. Pare che il suo Corpo fluisca attraverso lo spessore della parete. Questa non si apre. Resta compatta, ma il Corpo passa ugualmente. La luce pare la prima emanazione del suo Corpo, l’annuncio del suo avvicinarsi. Il Corpo dapprima è a lievi linee di luce, così come io vedo in Cielo il Padre e gli angeli santi:immateriale. Poi si materializza sempre più, prendendo in tutto l’aspetto di un corpo reale. Del suo divino Corpo glorificato.
Io ho messo molto a descrivere, ma la cosa è avvenuta in pochi secondi.
Gesù è vestito di bianco, come quando risorse e apparve alla Madre. Bellissimo, amoroso e sorridente. Sta con le braccia lungo i lati del Corpo, un poco staccate da esso, con le Mani verso terra e dalla palma volta verso gli apostoli. Le due Piaghe delle Mani paiono due stelle di diamanti, da cui escono due raggi vivissimi. Non vedo i Piedi, coperti dalla veste, né il Costato. Ma dalla stoffa del suo abito non terreno trapela luce, là dove essa cela le divine Ferite. In principio sembra che Gesù non sia che Corpo di candore lunare, poi, quando si è concretizzato, apparendo fuori dell’alone di luce, ha i colori naturali dei suoi capelli, occhi, pelle. È Gesù, insomma, Gesù-Uomo-Dio, ma fatto più solenne ora che è risorto...
…Tutti ora gli sono intorno, chi in ginocchio ai suoi piedi, e fra questi sono Pietro e Giovanni - anzi Giovanni bacia un lembo della veste e se la posa sul viso come per esserne carezzato - chi più indietro, in piedi, ma molto curvo in atto di ossequio.
Pietro, per fare più presto ad arrivare, ha fatto un vero salto al disopra del sedile, scavalcandolo, senza attendere che Matteo, uscendo per primo, lasciasse libero il posto. Bisogna ricordare che i sedili servivano a due persone per volta.
4L’unico che resta un poco lontano, impacciato, è Tommaso. Si è inginocchiato presso la tavola. Ma non osa venire avanti e pare, anzi, tenti nascondersi dietro all’angolo di essa.
Gesù, dando le sue Mani a baciare - gli apostoli gliele cercano con bramosia santa e amorosa - gira lo sguardo sulle teste chine come cercasse l’undicesimo. Ma lo ha visto dal primo momento e fa così solo per dare tempo a Tommaso di rinfrancarsi e venire.
Vedendo che l’incredulo, vergognoso del suo non credere, non osa farlo, lo chiama:
«Tommaso. Vieni qui».
Tommaso alza il capo, confuso, quasi piangente, ma non osa venire. Abbassa di nuovo il capo.
Gesù fa qualche passo nella sua direzione e torna a dire: «Vieni qui, Tommaso». La voce di Gesù è più imperiosa della prima volta.
Tommaso si alza riluttante e confuso e va verso Gesù.
«Ecco colui che non crede se non vede!» esclama Gesù. Ma nella sua voce è un sorriso di perdono.
Tommaso lo sente, osa guardare Gesù e vede che sorride proprio, allora prende coraggio e va più in fretta.
«Vieni qui, ben vicino. Guarda. Metti un dito, se non ti basta guardare, nelle ferite del tuo Maestro».
Gesù ha porto le Mani e poi si è aperto la veste sul petto scoprendo lo squarcio del Costato. Ora la luce non emana più dalle Ferite. Non emana più da quando, uscendo dal suo alone di luce lunare, si è messo a camminare come Uomo mortale, e le Ferite appaiono nella loro cruenta realtà: due fori irregolari, di cui il sinistro va fino al pollice, che trapassano un polso e un palmo alla sua base, e un lungo taglio, che nel lato superiore è lievemente ad accento circonflesso, al Costato.
Tommaso trema, guarda e non tocca. Muove le labbra, ma non riesce a parlare chiaramente.
«Dammi la tua mano, Tommaso» dice Gesù con tanta dolcezza. E prende con la sua destra la mano destra dell’apostolo e ne afferra l’indice e lo conduce nello squarcio della sua Mano sinistra, ve lo ficca ben dentro, per fargli sentire che il palmo è trapassato, e poi dalla Mano lo porta al Costato. Anzi, afferra ora le quattro dita di Tommaso, alla loro base, al metacarpo, e pone queste quattro grosse dita nello squarcio del Petto, facendole entrare, non limitandosi ad appoggiarle all’orlo, e ve le tiene guardando fisso Tommaso.
Uno sguardo severo e pur dolce, mentre continua: «… Metti qua il tuo dito, poni le dita e anche la mano, se vuoi, nel mio Costato, e non essere incredulo ma fedele». Questo dice mentre fa quanto ho detto prima.
Tommaso - pare che la vicinanza del Cuore divino, che egli quasi tocca, gli abbia comunicato coraggio - riesce finalmente a parlare e a spiccare le parole, e dice, cadendo a ginocchio con le braccia alzate e uno scoppio di pianto di pentimento: «Signore mio e Dio mio!». Non sa dire altro.
Gesù lo perdona. Gli pone la destra sul capo e risponde: «Tommaso, Tommaso! Ora credi perché hai veduto… Ma beati coloro che crederanno in Me senza aver visto! Quale premio dovrò dare loro se devo premiare voi, la cui fede è stata soccorsa dalla forza del vedere?…».
(…)
^^^^
Durante i suoi tre anni di vita pubblica il Gesù delle visioni dell'Opera valtortiana ha occasione di mostrare innumerevoli volte la sua doppia natura, umana e divina.
Questo della divinità e della umanità di Gesù è uno dei concetti più difficili da accettare, se valutato secondo l'ordine umano. Ma se valutato alla luce del 'divino' ci si accorgerà che la spiegazione è semplice.
La 'natura' di Dio - e qui ribadisco dei concetti già espressi, per maggior chiarezza - era dunque 'dentro' all'Uomo. E Cristo-Dio decideva di rivelarsi all'Uomo a seconda di come Lui lo reputasse necessario per la sua missione, missione di Dio.
Ecco ad esempio perché talvolta Gesù - come nel caso sopra narrato dell'episodio dell'indemoniato nella sinagoga di Cafarnao - mostra in un primo tempo, verso il tipo astioso che lo apostrofa di non essere onnisciente, mentre in un secondo tempo di esserlo con Aggeo. Quello è il caso in cui 'appare' sia la prima natura dell'uomo sia la seconda natura di Dio.
In altre parole è la natura divina che informa la natura umana e non viceversa. Se la natura umana chiedesse cose che sono fuori dalla volontà di Dio, la natura divina non potrebbe acconsentire a tali richieste. Quando invece è la natura divina che informa e chiede alla natura umana, essendo Gesù-Uomo rispettosissimo della volontà paterna, essa sempre volontariamente obbedisce ed esegue.

Sommario
dei 'Pensieri a voce alta' (dal n. 095 al 117) che - con frequenza il sabato o la domenica - vengono di volta in volta inseriti nella Sezione 'Pensieri a voce alta' del mio Sito (QUI), da dove  potranno essere liberamente scaricati, come pure su Gloria.tv. (QUI)
095. Pensiero introduttivo.
096. L'Aurora della Stella del mare. Il Tempo di Maria. (Parte prima)
097. San Paolo. Alcuni episodi salienti della sua vita avventurosa.
098. Paolo: ebreo, israelita, ardente nelle pratiche mosaiche e
farisaiche, fanatico, intransigente sino all'ingiustizia…
099. Pentecoste. La discesa dello Spirito Santo nel Cenacolo su Maria S.S. e sugli Apostoli.
100. La doppia natura di Gesù, vero Dio e vero Uomo.
101. Il Giusto vive di fede.
102. L'Aurora della Stella del mare. Il Tempo di Maria. (Parte seconda)
103. La 'seconda venuta'. «Quando verrò?... Verrò…! Non avrò nuova carne poiché ne ho già una perfetta… Evangelizzerò, non come evangelizzai, ma con forza nuova…»
104. La negazione del Dio Creatore e l'Evoluzionismo.
105. I negatori dell'Eucarestia ed i satanisti… 'credenti'.
106. Le 'anime-vittima' per la salvezza del mondo.
107. Non giudicare!
108. Le tribolazioni e l'angoscia del grande peccatore in vita e le
pene dell'inferno.
109. Le quattro dimore dell'Aldilà. Paradiso, Inferno, Purgatorio e Limbo.
110. Dio vuole la circoncisione dei cuori e di fronte ai ministri boriosi
che ostentano sapienza prende dei 'laici' che - pur essendo umili ed ignoranti - diventano 'sapienti' per ispirazione diretta di Dio che li istruisce.
111. Tutti gli uomini peccano perché non hanno il 'Timor di Dio'.
112. Prima ancora che Dio creasse, Egli aveva già in mente il Peccato della futura Umanità e il rimedio per salvarla, appunto il 'Verbo-Dio-Uomo crocifisso': la vittima sacrificale.
113. E' per la sua fede in Dio e non per la circoncisione fisica che
Abramo ricevette la promessa di una discendenza numerosa fra circoncisi ed incirconcisi.
114. Maria S.S., l'Arca dilettissima di puro oro che ancor ci contiene così come
è da Noi contenuta….
115. La scala ascensionale della Creazione, la cui perfezione è Gesù
Cristo, l'Uomo-Dio, che unisce in Sé la natura divina e quella umana.
116. Il mio Essere si estende su tutto l'Universo. La mia Luce bagna di Sé gli astri, i pianeti, i mari, le valli, l'erbe, gli animali. La mia Intelligenza corre per tutta la Terra, istruisce i lontani, dà a tutti un riflesso dell'Alto, educa alla ricerca di Dio. La mia Carità penetra come il respiro e conquista i cuori.
117. Porrò il mio Arcobaleno fra le nubi… e mi ricorderò del mio Patto…




1 Maria Valtorta - 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani - 2.01.48 - Centro Ed. Valtortiano
Rm Cap. 1, v. 3-4: 1Paolo, servo di Gesù Cristo, chiamato apostolo, segregato pel Vangelo di Dio 2Vangelo che Dio aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture, 3intorno al suo Figliolo, (fatto a lui dal seme di David, secondo la carne, 4predestinato Figliolo di Dio per propria virtù, secondo lo spirito di santificazione, per la risurrezione da morte), Gesù Cristo Signor nostro, 5per cui abbiamo ricevuto la grazia e l’apostolato, per trarre in suo nome all’obbedienza della fede tutte le genti, 6tra le quali siete anche voi chiamati (ad essere) di Gesù Cristo: 7a voi tutti amati da Dio, chiamati santi, che siete a Roma, grazia e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.
[2] Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - 1.4.1945 - Vol. X - Cap. 617 - C.E.V
[3] Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Dettato 21.2.1944 - Vol. X, Cap. 620, 1/6 - C.E.V.
[4] N.d.R.: 'Mi presento alla donna redenta': cioè a Maria Maddalena, apparendole al Sepolcro
[5] M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. I, Cap. 59.7/9 - Centro Editoriale Valtortiano
[6] Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Vol, X - Cap. 627.5/7 - C.E.V.
[7] Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Vol. X - Cap. 629.1/4 - 9.8.44



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